Ritornato a Napoli preparai subito un programma concentrato in tre giorni di "full immersion" da dodici ore di insegnamento pratico ognuno, oltre a nozioni varie da somministrare alle allieve durante i brevi spazi di intervallo che avrei concesso, per consentire loro di fumare una sigaretta negli spazi liberi all'esterno .
Realizzai così sei menù completi, in lingua italiana, composti da antipasto, primo piatto, secondo con due contorni di verdure, dolce e frutta. Con sei menù, in caso di necessità, mescolando le diverse pietanze si potevano formare tanti menù che sarebbero stati sufficienti a coprire anche una settimana di emergenza.
Inviai il progetto per fax alla presidenza dell'Istituto e dopo pochi giorni mi fu data risposta positiva. Il progetto funzionava e piaceva e mi fu precisato anche che le lezioni si sarebbero tenute in una località a circa 6 chilometri dall'albergo, nella cucina di un castello medioevale, dove la "tutor" a noi assegnata ci avrebbe condotto ogni mattina alle ore 8,30 con un piccolo bus e poi la sera, terminata la lezione, la cena, spenti tutti i fuochi e riordinato il tutto, intorno alle 22,30, ci avrebbe ricondotto, a dormire.
Concordammo che con quindici giorni di preavviso mi avrebbero comunicato la data d'inizio di ogni corso e che avrei dovuto essere presente in albergo entro la sera precedente, provvedendo io stesso alla mia divisa ed al mio kit personale di coltelli ed ai particolari attrezzi che avrei ritenuto necessari per le lezioni.
Avrei dovuto presentare la sera che precedeva ogni lezione, l'elenco delle derrate alimentari che mi sarebbero state necessarie per la realizzazione dei piatti e che avrei trovato già in cucina alle ore 8,30, ed a quel punto mi venne da chiedere: "Ma per quante persone dovrò preparare i pasti delle lezioni?" E mi fu così risposto: "Consideri il numero di allieve, aggiunga lei e la tutor, poi il Signore del castello con moglie e figlia, che pur essendo padrone di un ristorante che si trova a 100 metri e che sforna circa 500 coperti al giorno ai turisti, preferisce la cucina che lei farà, e aggiunga un paio di suoi ospiti, tra i più importanti che certamente accetteranno il suo invito."
E così continuò : "Forattini, il disegnatore satirico, è quasi sempre suo ospite fisso e poi altri, come Luca di Montezemolo e insomma chi capita in quei giorni, con i quali vuol fare bella figura....!"
Non vi nascondo che cominciai a preoccuparmi, ma ho sempre avuto "la faccia tosta" o "il muso di tolla" come si dice al nord e poi sono stato sempre ottimista di natura!
E così arrivò un bel giorno la attesa comunicazione, le allieve erano quattrordici al primo corso, non tutte italiane e si sarebbe cominciato il secondo lunedì del mese . Come d'intesa arrivai con la mia auto nel pomeriggio della domenica, portai in albergo la mia valigia e misi nel piccolo bus dell'albergo le due valige con dentro gli attrezzi, le divise, le dispense delle lezioni. Consegnai la lista di quanto mi sarebbe stato necessario per il giorno seguente, mi presentarono le allieve e tutti insieme - guidava la "tutor"- andammo a cenare in una simpatica trattoria in un paesino vicino, e cominciammo a fare conoscenza.
Parlando del più e del meno, riuscii a farmi un'idea del grado di conoscenza della cucina di costoro, ma con una certa apprensione mi accorsi che, in particolare le ragazze straniere, erano abbastanza a digiuno delle nostre abitudini gastronomiche e credo che a stento sarebbero riuscite a cucinare un uovo in tegamino.
Riprendemmo la via del ritorno e dopo pochi minuti ero finalmente a letto, pensando a cosa mi aspettava il domani.
Alle 8,00 una veloce colazione e poi dopo 30 minuti tutti sul bus, e così in breve tempo prendemmo possesso della cucina del castello. Mentre le allieve indossavano un grembiule e prendevano un altro veloce caffè, io ero già andato a vestirmi di tutto punto con la fiammante divisa da cuoco, e cominciai a distribuire le dispense con le ricette di quanto avremmo insieme realizzato per pranzo.
E così si andò avanti, preparando prima le pietanze che avrebbero richiesto maggior tempo di cottura sulla fiamma o nel forno e in quel momeno ebbi la sorpresa di accorgermi che i due forni a gas, un pò tanto vecchiotti, non avevano un termometro funzionante, ma la cottura doveva farsi ad occhio e quando si accendevano, utilizzando un lungo pezzo di carta arrotolato acceso, facevano un botto che nei primi momenti spaventò un pò tutti!
Ma poi in seguito ci facemmo l'abitudine!
Il pranzo era quasi pronto alle ore 13 in punto, apparecchiammo la tavola all'esterno con 22 coperti, sotto un pergolato d'uva, spiegando alle allieve come si disponevano posate, bicchieri e stoviglie ed il Signore del castello ci presentò gli ospiti. Con fare divertito spiegò loro che io non ero in realtà un cuoco vero, ma un ex dirigente di azienda in pensione con la passione per la cucina e queste parole spaventarono non poco gli invitati, i quali si tranquillizzarono soltanto quando ridendo costui aggiunse:"Non vi preoccupate, lo sapete bene che io posseggo quel ristorante lì - ed indicò un fabbricato a poche centinaia di metri - ma mi fido molto di lui e poi ve ne accorgerete se dico il vero!"
Il pranzo andò bene, a turno spiegai alle ragazze come servire le pietanze, come togliere i piatti sporchi e come sostituirli con altri puliti, come rimpiazzare le posate e così via, il tutto sotto gli sguardi divertiti degli ospiti.
Si terminò con il caffè, gli ospiti andarono via ringraziando, concessi alle allieve 30 minuti di relax al sole e poi sparecchiata la tavola e messe le stoviglie nella lavastoviglie iniziammo ad esaminare il menù della sera. Al pranzo avevo controllato che le ragazze non eccedessero con il vino, per averle sveglie nel pomeriggio e dissi loro che la sera non avrei mosso un dito se avessero bevuto un pochino di più, a due condizioni: che la nostra guidatrice si sarebbe contenuta abbastanza per non farci finire tutti in un fosso e che la mattina seguente nessuna avesse denunciato una forte emicrania perché sarei stato inflessibile.
Tutto andò avanti in maniera perfetta, ognuno prendeva appunti sulle dispense quando aggiungevo una ulteriore spiegazione alla ricetta, ma la sera apparecchiammo la tavola dentro, nella grande sala da pranzo che avrebbe contenuto facilmente oltre cinquanta persone.
Gli ospiti erano cambiati, dimostrando sempre molto interesse nel nostro lavoro ed apprezzando le nostre pietanze e non si contarono le bottiglie di vino rosso, uno stupendo Chianti prodotto nel castello, che per fortuna non produsse emicranie, ma ci rese soltanto un pò euforici!
Alle ore 23,00, rimesso tutto in ordine, riprendemmo la strada dell'albergo e giunto nella mia stanza caddi in un sonno profondo, distrutto dalla fatica. E mentre mi stavo per addormentare mi chiesi: ma riuscirai a farcela per tre giorni di seguito ? Tra un paio di anni ne avrei compiuto settanta ! E con questo interrogativo mi addormentai.
Il secondo giorno tutto andò come da programma, ormai le fanciulle cominciavano a prendere dimestichezza con gli attrezzi , erano tutte molto intelligenti ed ansiose di dimostrare che valevano molto e mi erano abbastanza di aiuto nelle preparazioni. Il pranzo andò bene, a turno facevo servire gli invitati e le colleghe, era una specie di teatrino, necessario per il loro futuro e quindi partecipavano con grande entusiasmo e dopo ogni mossa mi guardavano per cogliere un gesto di approvazione o di rimprovero che mi limitavo a fare con lo sguardo, senza mai mortificarle.
La sera ripetemmo quanto già avvenuto nella volta precedente e così anche nel terzo giorno, sia nella preparazione del pranzo che della cena, quando coglievo nei loro occhi un momento di tristezza perché sarebbe stata la ultima sera insieme.
Per la terza cena si erano portate i vestiti eleganti, e dopo aver apparecchiato la tavola scomparirono per andare a cambiarsi ed a truccarsi il viso, io soltanto rimasi con la mia divisa,
mi era concesso e poi sarebbe servito per le foto di prammatica, il gruppo di allieve con il maestro.
Di nascosto avevo fatto approntare a Napoli dei diplomi intestati ad ognuna di loro, attestando la frequenza al corso, avendo ottenuto preventivamente il patrocinio dal "Bailliage d'Italie della Chaine de Rotisseurs" , di cui ero stato per anni "Consigliere Gastronomico Nazionale".
Al termine della cena, al momento dei brindisi, consegnai ad ognuna di loro la pergamena, ne ebbi in cambio un bacio sulla guancia e un diluvio di lacrime sulla divisa, macchiata dal rimmel degli occhi che andava sciogliendosi. Tutti piangevano e tutti promettemmo reciprocamente di tenerci in contatto, scambiandoci telefoni ed indirizzi, per far sapere i risultati raggiunti nella vita.
Ritornammo mogi mogi in albergo, il vino aveva aumentato il grado di commozione e realmente a tutti dispiaceva che i tre giorni fossero finiti. Ci abbracciammo di nuovo commovendoci e ci salutammo come se stessimo andando a combattere al fronte in Siberia.
Passarono i giorni, rifeci le stesse esperienze, ma i corsi che seguirono furono un pò diversi, ci commovemmo di meno al momento dell'addio, forse perché le partecipanti erano un pò più avanti negli anni e più esperte e dure d'animo, comunque il mio primo gruppo di allieve mi restò nel cuore ed ancora adesso, a distanza di dieci anni, le ricordo con particolare simpatia.
Chissà se qualcuna di esse leggerà queste righe e si riconoscerà.
Se così fosse prego costei di farsi avanti e di ricordarmi ancora una volta quei momenti di lavoro che abbiamo insieme condiviso con trepidazione, talvolta temendo che un sufflè non si gonfiasse a dovere o che una maionese impazzisse tutto d'un tratto !
Il Castello medioevale dove abbiamo tenuto i corsi é il famoso Castello di Sorci ad Anghiari, in provincia di Arezzo, dove, secondo la leggenda, la notte si aggirava il fantasma del vecchio padrone, Baldaccio, grande condottiero all'epoca delle Signorie di Firenze, ucciso in un agguato tesogli proprio nel Palazzo della Signoria a Firenze, per ordine del Gran Consiglio. Era divenuto troppo scomodo e pericoloso ! Ben trentaquattro sicari ci vollero per ucciderlo e tagliargli la testa che non si trovò mai più!
Qualche anno fa ho avuto la piacevole sorpresa di tornarci, per un paio di giorni, con una troupe cinematografica di Casa Alice, di Sky, per partecipare ad un documentario sulle cucine dei tempi passati, insieme a tre illustri professori di Firenze e di Siena, cultori di cucina antica, per illustrare queste tradizioni.
Questa volta non ero in divisa di cuoco, ma in giacca e cravatta, disquisendo con estrema serietà
sulla cucina dell'Impero Romano, del Medio Evo, del Rinascimento, ma nonostante la buona quantità di Chianti del castello che tutti bevemmo nel corso delle riprese, devo confessare che non mi divertii quasi per niente!
Mi mancavano le mie allieve, con i loro accenti strani, con i loro svarioni, con i loro errori, con le loro domande, ma tutte con una grande volontà di imparare questo stupendo mestiere !
Scrivetemi se ne volete sapere di più, sulle mie "maggiordonne" e sulla triste fine che fece Baldaccio, il grande condottiero, che ancora adesso a mezzanotte, gira per il Castello di Sorci ad Anghiari, nel vano tentativo di ritrovare la sua testa!
2 commenti:
Caro Sergio complimenti hai affascinato anche me col tuo racconto. Spero che ne avrai ancora un altro in serbo per noi Acc di Bpest quando nel weekend dopo Pasqua verremo a trovarti. Complimenti un abbraccio Alberto
Caro Alberto,
è tutto vero, niente fantasia! Il fantasma c'è davvero e poi ti dirò che le allieve dopo averlo saputo non avevano più il coraggio di andare da sole in toilette. Comunque è stata un'esperienza molto interessante e non mi sono stancato troppo. E poi non è stata una serie di prestazioni gratuite, perché ho dovuto accettare....e pecunia non olet!
Sergio, grazie del commento.
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