mercoledì 28 gennaio 2009

LA MODA DEL SUSHI GIAPPONESE ! IL PESCE CRUDO: MANGIARLO SENZA PRECAUZIONI PUO' ESSERE PERICOLOSO. L'ANISAKIS E' IN AGGUATO!!

Secondo le più recenti statistiche mondiali sulla salute, la popolazione giapponese é quella più colpita da questo parassita, a causa dell'inveterata abitudine di ingerire pesce crudo, sia pure se ben fresco!!
Qualche giorno fa vi avevo descritto come si preparano le acciughe sotto sale, e mi è tornato in mente un episodio, occorsomi proprio mentre toglievo la testa e le evisceravo, prima di metterle nel barattolo con il sale grosso.
Infatti, eliminate le viscere, sotto le dita avevo avvertito un leggero movimento ed avevo notato un vermetto bianco, quasi un sottile filo bianco di cotone lungo poco più di un centimetro, che si muoveva lentamente. Eppure, pensai, le acciughe erano state pescate almeno da una decina di ore, ma poi mi passò per la mente.
Poco tempo dopo ebbi la ventura di conoscere un medico veterinario e parlando del più e del meno, mi ricordai del piccolo vermetto bianco. E così venni a conoscenza di questo parassita e mi fu spiegato tutto il ciclo riproduttivo dell'Anisakis.
Cominciamo con il dire che l'Anisakis si può trovare quasi in tutti i pesci, sia sotto forma di larva o filiforme quando si è poi sviluppato. Alici, sardine, aringhe, sgombri, merluzzi, triglie, orate, naselli, pesci sciabola, e poi quelli di dimensioni più grandi cone squali, tonni, pesci spada, etc. tutti possono essere potenzialmente infestati.
Il parassita vive nell'intestino dei mammiferi marini, il cui numero è ormai cresciuto perché da tempo protetti dall'uomo: foche, delfini, duguonghi o lamantini, orche, balene, capodogli, etc.
Le uova del parassita vengono regolarmente eliminate dalle loro feci in mare. Qui schiudono dando vita alle larve. Le larve vengono ingerite da piccoli crostacei; i pesci si cibano di questi crostacei e quando i pesci piccoli sono divorati da quelli più grandi, il parassita si trasferisce a sua volta.
I mammiferi marini, gli uccelli e i rettili ( serpenti marini e coccodrilli ) poi si cibano di pesci già infestati , e così il ciclo si compie.

L'uomo quindi si infesta consumando pesci crudi o poco cotti.

Il parassita giunto nel nostro intestino, dopo alcune ore finisce per morire, ma ha il tempo di provocare problemi gastroenterici, quali dolori addominali, diarrea, nausea, vomito, e poi in alcuni casi reazioni allergiche, orticarie, asma, riniti, congiuntiviti.

Cosa bisogna fare per evitare di ingerire il parassita vivo o le sue larve che difficilmente ad occhio nudo riusciamo a vedere!
- E' necessaria una completa cottura del pesce, portandolo oltre 70°.
- Altrimenti è necessario surgelare nel freezer il pesce, per almeno 24 ore, poi scongelarlo e mangiarlo senza problemi, volendo anche crudo.


Bisogna fare molta attenzione perché la marinatura ad esempio delle alici, fatta o con limone o con aceto, anche se protratta per alcune ore, non è sufficiente ad eliminare il pericolo. Infatti sia le larve che il parassita sopravvivono tranquillamente ad un simile trattamento.

Quindi bisogna mangiare tanto pesce azzurro, che con i suoi grassi polinsaturi abbatte il colesterolo, perché è pescato da poche ore nelle vicinanze delle coste, non costa molto, si cucina facilmente ed è gustoso. Ma ricordate, che sia sempre ben cotto !

La nuova moda importata dal Giappone di mangiare il SUSHI (pesce crudo) vi può giocare dei brutti scherzi !!

sabato 17 gennaio 2009

I SEGRETI DEL SALMONE AFFUMICATO = continua la indagine sui (quasi) falsi alimentari

Il salmone affumicato, un tempo era un cibo molto costoso, e quindi riservato ai pochi che potevano permettersi di spendere ben 30 o 40 Euro al chilo, (ed anche più)!
Era solitamente adagiato delicatamente su delle tartine con un velo di burro, con estrema parsimonia, utilizzato come antipasto nelle conviviali importanti, a Natale o alla fine dell'anno.
Poi l'allevamento dei salmoni ha fatto scendere il suo prezzo (ed anche parte delle sue qualità), fresco e deviscerato oggi costa al chilo dagli 8 Euro ai 15, a seconda delle giornate, del maltempo, delle ricorrenze, mentre quello affumicato e già sottilmente affettato è sceso intorno ai 15 o 20 Euro al chilo.
Qui ci riferiamo ovviamente al salmone da acquistare nella grande distribuzione, preconfezionato, non di quei prodotti di nicchia, quale il salmone selvaggio pescato in mare e salato ed affumicato "veramente" in Scozia, sempre riservati ai pochi, il quale mantiene i prezzi elevati di un tempo.

Ma quello che ora segue, scritto dall'esperto gastronomo Alfredo Pelle, forse vi farà amare un poco di meno il salmone affumicato, o almeno ve lo farà considerare con meno rispetto !!

Parliamo qui di salmoni di allevamento: sono pesci di circa kg 12 di peso; vengono prelevati dalle vasche, messi su nastri trasportatori e quindi congelati rapidamente a - 40 gradi, poi se ne effettua lo scongelamento a + 20 gradi. In questo modo si perde una buona percentuale di acqua. Solo ora il pesce può essere finalmente "lavorato" : viene decapitato, eviscerato, deliscato, aperto e sezionato in due grandi "baffe", quindi lavato, pronto per essere salato ed affumicato. La "salagione" avviene per iniezione di salamoia con macchine pluriaghi che garantiscono la perfetta distribuzione del sale nella baffa.
La salatura per immersione di un tempo è troppo cara e lunga.
E l'affumicatura ? Quella tradizionale, con trucioli di legni di pregio: quercia, faggio, castagno, betulla, ecc., dura dalle 20 alle 48 ore, e richiede la massima attenzione per la temperatura cui i salmoni sono sottoposti, pena la rovina del prodotto.
E così l'innovazione tecnologica ha portato ad utilizzare un sistema diverso: iniettare aromi di fumo dentro al salmone, insieme alla salamoia. In altri casi si effettua anche una affumicatura "elettrostatica" che usa un aereosol al profumo di fumo.
All'affumicatura segue un'altra fase di rapido raffreddamento, in quanto le carni del salmone tendono ad ossidarsi molto facilmente per via della presenza degli acidi grassi polinsaturi. In questo modo il salmone perde soltanto il 30% del peso iniziale.

E così, dopo averlo sottilmente affettato con appositi macchinari, vendendolo in buste di plastica sottovuoto ben sigillate, che impediscono la fuoriuscita del profumo, noi mangiamo pesce che è stato congelato, scongelato, "siringato" più volte, raffreddato, sempre pensando alla Scozia e alle Highlands dove affumicano questo corridore dei fiumi, che nuota a ben km 12 all'ora !

Comunque gli esperti ci assicurano che mangiarlo non fa alcun male!!
Anzi gli acidi grassi polinsaturi che contiene, fanno "bene" a chi ha il colesterolo elevato !!

A giorni vi racconterò di una mia ricetta, appresa una ventina di anni fa da un grande Chef della cucina, su come cucinare il salmone fresco agli aromi mediterranei.
Un piatto anche tanto amato dai bambini. E poi non vi sono spine, si serve con un grosso cucchiaio !! Ed ancora, cosa che poi non guasta, non è per niente caro !!
Vi aspetto!! A presto !

Sergio

venerdì 16 gennaio 2009

LE ACCIUGHE SOTTO SALE ! E' come scavare un piccolo tesoro nel sale!

Saranno passati oltre cinquan'anni, ed è ancora vivo nella mia mente il ricordo dell'anziana sorella di mio padre, zia Mimì, la quale nella sua cucina ad Augusta, città della Sicilia dove lui era nato , in un angolo inutilizzato del grande focolare, aveva due vasetti di terraglia smaltata, alti e stretti , con su un coperchio di legno a misura, che li chiudeva . La zia Mimì, sotto i miei occhi meravigliati, quando aveva bisogno di acciughe salate, (che erano ottime da mangiare con un pezzo di pane a metà mattina, con su appena un filo d'olio), con l'aiuto di un piccolo stecco di canna, scavava nel sale e tirava fuori quasi con religiosità quattro o cinque acciughe per volta, che metteva in un piattino. Quando poi la ricerca dei piccoli pesci diventava più difficile perché ormai rimasti in pochi in tanto sale, dava ordine all'anziano marito di recarsi alle "saline" (luoghi nei pressi del mare dove il sale veniva raccolto in alte montagnole coperte da tegole di terracotta, per evitare che la eventuale pioggia potesse farle sciogliere) recando con se una vecchia borsa di cuoio sdrucita ed un paio di fogli di giornale, e di portarne a casa tre o quattro chili, incaricandolo inoltre di recarsi al mercato del pesce per acquistare un abbondante "rotolo" (antica misura di peso siciliana equivalente a circa gr 800) di "anciovi" (alici o acciughe che dir si voglia) di taglia abbastanza grande, per poter ripristinare la scorta che andava esaurendosi.
Era insomma una specie di pesca miracolosa, un rito speciale, che mi affascinava ogni volta di più!

E quindi voglio spingervi a realizzare questa miracolosa esperienza, già scoperta millenni or sono dall'uomo di allora! Infatti il mettere sotto sale un cibo, è stato uno dei più antichi sistemi per conservarlo nel tempo, insieme all'essiccazione al vento asciutto ed al sole.

Sono necessari: Due vasetti in ceramica smaltata, un pò alti , della capacità di almeno 1 litro e 1/2 cad., che abbiamo un coperchio, sia pure non a tenuta perfetta; poi tre chili di sale di mare grosso (costeranno in tutto euro 3/4) ed un chilo di alici fresche di taglia grande, (circa cm 12 almeno) che potranno costare da Euro 5 a 8.
Procedimento: togliere la testa e le budella alle alici, lavarle sotto l'acqua corrente e metterle a sgocciolare in un piatto inclinato. (Mi raccomando di non togliere la lisca centrale). Sul fondo del vasetto mettere un primo pugnetto di sale. Disporre su di un solo strato i pesciolini, se vi è lo spazio metteteli a raggiera, con le code al centro, poi sopra un altro strato di sale, altri pesciolini a raggiera ed altro sale, fino a finire con il sale. Sopra va il coperchio ed il vaso bisogna sistemarlo in un luogo in ombra ed al fresco, dove non batte il sole. Dopo 45 giorni di attesa le acciughe sono pronte , e quindi con un cucchiaino iniziate a fare la pesca miracolosa, non lasciando scoperte dal sale quelle che rimangono. Se volete tenerne un poco pronte nel frigo, scavatene una decina, eliminate la lisca centrale, e mettetele poi in un barattolino di vetro riciclato (della confettura, della maionese, o altro) coprendole di olio, in attesa di usarle.

LA TRIPPATA di mamma Ida (Nulla a che fare con la trippa!)

Non ho alcuna idea del perché mia mamma avesse così chiamato questo piatto, particolarmente apprezzato sia da me che da mio fratello. Forse perché un tempo la carne non era molto gradita ai bambini, forse troppo dura , o forse perché qui nel Sud la scelta dei tagli di carne era limitata, e poi in ultima ipotesi che fosse abbastanza costosa.
Comunque questa pietanza realizzata con la uova ed il pomodoro era ottima ancorpiù se mangiata in mezzo a due fette di pane, anche se fredda.
Comunque seguitemi, "La Trippata" non è difficile da realizzare e gli ingredienti li troverete di certo nel vostro frigo e nella vostra dispensa.
Ingredienti: farina gr 150; latte intero cc 150; sale fino 1 pizzico; uova 4; olio extra vergine d'oliva 1 cucchiaio colmo. Per il condimento: Polpa di pomodoro gr 400; olio extra vergine d'oliva cucchiai 4 ; aglio spicchi 2; sale fino 1/2 cucchiaino; formaggio grana o parmigiano grattugiato gr 200.
Procedimento: In una terrina mescolare insieme la farina ed il latte, il cucchiaio di olio, unirvi il sale e le tre uova. Sbattere per un paio di minuti con un paio di forchette o con una frusta. Lasciare riposare per qualche minuto il composto e nel frattempo preparare la salsa di pomodoro. In un tegamino mettere l'olio, il sale, la polpa di pomodoro, l'aglio appena schiacciato e cuocere a fuoco dolce per 15 minuti, rimestando un paio di volte. In una padellina antiaderente del diametro di cm 25, mettere poche gocce d'olio, e su fuoco medio farla riscaldare. Quando è ben calda versare dentro un mestolino del composto ben mescolato, far roteare la padellina per distribuirlo in maniera costante, far cuocere da un lato per 1 minuto e 1/2 , quindi rigirare la frittatina e cuocere dall'altro lato anche meno di 1 minuto.
Toglierla dal fuoco e metterla in un piatto. Continuare così fino a terminare tutta la pastella, ricordandosi però, prima di prelevare ogni mestolino di rimescolare il composto.

Avete ora terminato la preparazione: tutte le crepes (o frittatine) sono pronte; la salsa è pronta, (avete gettato via gli spicchi d'aglio), ed il formaggio è stato grattugiato.
In una pirofila da passare in forno, e che sarà poi portata in tavola, mettere sul fondo qualche goccia d'olio (la salsa brucerebbe e la crepe si attaccherebbe al fondo!). Sopra una crepe, poi un cucchiaio di salsa, un poco di formaggio grattugiato, un'altra crepe, poi salsa, formaggio e così via, fino a terminare con l'ultimo cucchiaio di salsa ed il formaggio.
Poco prima di portarla in tavola, mettere in forno già caldo a 180° per 15 minuti, quindi tagliare a spicchi e servire . Volendo, potrete guarnire i vari strati con qualche fogliolina di basilico.

mercoledì 14 gennaio 2009

LE AVVENTURE DI UN CUOCO GALANTE : Presentazione del 15/1/2009

Avvicinandosi la data della presentazione del mio libro, che avverrà domani 15 gennaio presso la Libreria FELTRINELLI di Napoli Piazza dei Martiri, alcuni giornalisti hanno scritto i seguenti commenti:

Gianni Franceschi = Direttore responsabile di "CIVILTA' DELLA TAVOLA" (Organo dell'Accademia Italiana della Cucina) .

L'Accademico di lungo corso Sergio Corbino, con questo libro, si rivela romanziere a tutti gli effetti. Finora era stato narratore, affabulatore, con le sue novelline ispirate a fatti e momenti della sua versatile esperienza. Con questo romanzo, l'amico Sergio, credo, ha realizzato qualcosa di inconsueto: ha racchiuso in queste pagine le sue passioni, i suoi sogni, le sue manie, i suoi progetti rimasti progetti.
E non ha nemmeno dimenticato la sua caparbia ricerca del piatto sublime, corredando il volume di oltre una cinquantina di ricette frutto della golosa attenzione al proprio gusto.
Sembra di scorgere, nel protagonista del romanzo, l'autore dissimulato ma non troppo. Il cuoco Otto appare qui disegnato a tutto tondo, ma la sua ombra, come un'ombra cinese, tradisce Sergio Corbino.
Una lettura piacevole, uno stile accattivante ma anche un utile manuale di cucina.
Perché l'autore, come il suo personaggio, non resiste alla tentazione dei fornelli.

=*=*=*=
Mario Rovinello = Il Roma -

Ognuno di noi, forse, desidererebbe incontrare Otto, il protagonista di questa storia, o possedere qualcuna delle sua qualità.
Sergio Corbino, membro dell'Accademia Italiana della Cucina e seguace e allievo della grande Jeanne Carola Francesconi, nel suo nuovo e appassionante romanzo "Le avventure di un cuoco galante" con 55 ricette per conquistare la donna amata, pubblicato dalle Edizioni Scientifiche Italiane, non si è servito semplicemente di tutta la fervida fantasia di cui dispone, ma anche della esperienza acquisita nella sua vita, durante la quale, sia in qualità di giornalista /intervistatore per periodici italiani e stranieri, sia nel corso della collaborazione con Casa Alice Sky , come esperto storico delle tradizioni gastronomiche regionali e nazionali, ha incontrato un gran numero di "chef" affiancandoli nella preparazionedi gustose ed eleganti pietanze.
Otto, così come tanti altri uomini, pur imbattendosi in dolori, gioie, grandi amori, fortune professionali, disillusioni, riesce sempe a trovare i giusti stimoli per continuare a vivere con il dovuto "tocco" di leggerezza.
Come scrive nella prefazione al romanzo Alfonso Iaccarino, riconosciuto a livello internazionale tra i primi "chef" italiani, "il personaggio del racconto è qualcosa che avvicina alla qualità del vivere, intersecando momenti di profonda umanità associata quella mentalità meridionale sempre aperta all'altruismo, e devota al mondo che si ha occasione di vivere."

Una storia affascinante, che coinvolge per la semplicità del linguaggio e per il succedersi di avvenimenti imprevisti che toccano i protagonisti. L'amicizia e l'amore risultano essere le grandi forze vitali dalle quali i personaggi del romanzo traggono l'energia e l'entusiasmo per continuare a vivere.
La storia presenta una struttura ad anello : comincia con quattro amici che si ritrovano in un bar di Castel di Sangro ("tranquillo paese dell'Abruzzo"), dove decidono di incontrarsi con cadenza fissa ogni cinque anni per raccontare e raccontarsi, e si conclude quando ormai sono assai lontani i giorni del loro primo incontro e tante sono le vicissitudini e le gioie vissute dai protagonisti della storia.
In appendice al romanzo seguono poi cinquantacinque ricette di piatti menzionati nel racconto che l'autore intende sottoporre all'attenzione dei buongustai; fantasia e praticità trovano in queste pietanze un equilibrio perfetto: ricette di semplice attuazione, i cui ingredienti sono di facile reperibilità, che intendono ricordare al lettore che in fondo cucinare è un'arte e allo stesso tempo un modo per divertirsi.

=*=*=*=


Santa Di Salvo - Caporedattore de IL MATTINO

Il libro di Corbino - La vita avventurosa di un cuoco galante

Si chiama Otto perché papà era un fanatico della matematica. Ma a lui più che i numeri piacciono le pentole e i fornelli.
Così, mancato ingegnere, s'avvia per caso e per passione a cucinare in una trattoria romana rilevata in società con una coppia di amici, e l'avventura comincia.

Il nuovo libro di Sergio Corbino, storico della gastronomia e cuciniere di talento egli stesso, noto per la sua collaborazione di Casa Alice di Sky, s'intitola appunto Le avventure di un cuoco galante (Esi, pagg. 190, 17 Euro). E se non fosse per quelle "55 ricette per conquistare la donna amata" che si leggono in copertina, nessuno potrebbe scambiare il testo per quello che non è: un libro di cucina.
Questo è, piuttosto, il romanzo di una educazione sentimentale in senso lato, dove per sentimento s'intende non soltanto l'amore per l'altro sesso ma anche la passione per una delle espressioni d'arte più concrete, quella appunto per il cibo.

E su questo doppio registro corre la narrazione, leggera e ironica, della vita di Otto.
Dalla giovinezza a Castel di Sangro al trasferimento nella capitale, all'amore clandestino per una nobildonna, alla malattia e alla nuova attività che lo attende al Nord, trasformato da chef a maggiordomo e poi di nuovo cuoco.

La storia c'è ed è molto divertente. Ma l'originalità del libro di Corbino sta per l'appunto in queste inserzioni gastronomiche perfettamente calibrate.
Così alla descrizione dell'inaugurazione del primo ristorante romano s'accompagna la dettagliata stesura del menù, dalle variegate tartine ai risotti, alle verdure, alle carni, ai dolci.
Il menù di un cenone in famiglia non viene semplicemente descritto, ma in buona parte "cucinato" con il lettore, e così accade tutte le volte in cui si arriva a uno snodo essenziale della vita del nostro protagonista.

Ad abbondanza, e per meglio definie il quadro d'insieme, il romanzo viene completato dai "consigli di Otto", cioè con le ricette di Corbino che sono una summa di gastronomia della tradizione, interpretata con grande originalità.
Dal ragout veloce alle vongole fuggite, dagli ziti alla Sangiovanniello ad alte espressioni nordiche come l'ossobuco e la "cassoeula", Corbino percorre l'Italia, dal risotto milanese alla caponatina siciliana, senza prevenzioni e senza campanilismi.

Fresche, gustose, dense di umori e di sapori, Le avventure di un cuoco galante si avvalgono di una affettuosa prefazione di Alfonso Iaccarino, amico antico ed espressione alta della nostra cucina.

Il libro si presenta dopodomani alle 18, per la rassegna "I giovedì del gusto" , alla libreria La Feltrinelli di Piazza dei Martiri.

=*=*=*=

Attenti alle Merendine ! Ritorniamo a parlare di obesità e di malnutrizione

Su questo grave problema, l'Assessorato alla Sanità del Comune di Firenze ha organizzato di recente un incontro che prendeva spunto da un'opera di un biologo nutrizionista, Gabriele Buracchi, dal titolo "Occhio alle merendine!" pubblicato dalla Casa Editrice Bracciali di Arezzo.
Pur non essendo io né biologo, nè nutrizionista, negli anni passati avevo più volte affrontato l'argomento, e talvolta avevo incontrato notevoli difficoltà a far pubblicare i miei scritti da parte degli editori. (Si vedano alcuni miei vecchi blog !)
Oggi, finalmente si cominciano ad aprire i veli sull'argomento, e sul numero di dicembre dell'organo ufficiale dell'Accademia Italiana della Cucina, "CIVILTA' DELLA TAVOLA" compare un articolo sul tema, a firma della Prof.ssa Donatella Lippi, accademica e consultrice della Delegazione di Firenze Pitti.
Il Dr Buracchi parte dalla constatazione che l'obesità, una delle più gravi cause di malattia della nostra società, è il frutto di un'educazione alimentare sbagliata, modellata sul modello americano, dove, com è ben noto, non esiste più la coltura della convivialità.
Televisione, computer, giochi sedentari hanno poi soppiantato il mondo dello sport e dell'aggregazione, privando i giovani di quell'impegno fisico che compenserebbe l'introito calorico giornaliero.
L'autore propone tra l'altro di sostituire le merendine, ancora offerte in alcuni distributori automatici all'interno delle scuole, con idee di sapore antico, pane e olio, frutta, torte di ricotta, dolce di carote, etc.
Nel libro vi sono una serie di invitanti ricette che le mammine dovrebbero realizzare.
E' particolarmente lodevole l'iniziativa della Delegazione Firenze Pitti, che deve servire a spronare i genitori a questo cambio di tendenza, rendendoli consci dei danni che di giorno in giorno, procurano ai loro figli, questi snack-spazzatura.
Speriamo che altre Delegazioni decidano di affiancarsi a questa crociata, e poi, dopo aver convinto i genitori, non sarà cosa facile mandare i piccoli a scuola, senza soldini in tasca, ma con una sana merenda nello zaino.

martedì 6 gennaio 2009

IL SARTU' DI RISO AL RAGOUT : Versione napoletana

Una bella mattina di primavera di qualche anno fa, squillò il telefono, mia moglie rispose brevemente a monosillabi, quindi mi porse la cornetta dicendo lacoonicamente: "E' per te, è la RAi, vorrà di certo sapere se a gennaio hai pagato l'abbonamento !!"
"Ma come - sbottai io a voce alta proprio per farmi sentire - sono uno dei pochi che paga nella prima settimana dell'anno ed ora mi telefonano a marzo!"
E visibilmente irato presi in mano il ricevitore, con un "Pronto" un poco su di tono .
Una dolce vocina, che doveva avere certamente ascoltato la mia risposta e se la stava di certo ridacchiando, subito mi sussurrò: "Il Dottor Sergio Corbino, é lei? Sono della RAI ma non sono dell'ufficio abbonamenti, faccio parte della segreteria del regista Osvaldo Bevilacqua di "Sereno variabile" . Mi ha incaricato di riferirle che sarebbe molto interessato a far effettuare una ripresa televisiva dalla nostra troupe a Posillipo, nella sua cucina! "
"Molto bene - risposi educatamente - non ho nulla in contrario, ma mi scusi, cosa possono trovare di interessante gli spettatori di "Sereno variabile" nella mia cucina ? "
E la vocina : "Stavo quasi dimenticando la parte più importante: vorrebbe che lei cucinasse dinnanzi alle nostre telecamere un sartù di riso napoletano, e mi ha aggiunto, sa quello con il ragù che cola giù, come la lava del Vesuvio! Quindi se per lei va bene la preavvertiremo della nostra venuta con una settimana d'anticipo, quindi accetta, é d'accordo?"
Non vi nascondo che la cosa mi divertiva non poco, ma con voce indifferente risposi: "Si va bene, ma il Dottor Bevilacqua non poteva chiedermi di cucinare una cosa più semplice, non so, dei vermicelli alla malafemmina, o una frittata di maccheroni ?"
"Cosa vuole che le dica:- ribattè lei - avrà avuto nostalgia del sartù che forse gli faceva la nonna, e poi lui dice sempre che il sartù è l'unica maniera di cucinare il riso che conoscono i napoletani, oltre alle "palle" di riso, quelle che in Sicilia chiamano "arancini" e noi a Roma chiamiamo "supplì"!

E così avvenne, mi procurai il materiale occorrente, e nel giorno stabilito, dedicandogli un intero pomeriggio, realizzai finalmente il sartù, che fortunatamente tirato fuori dalla forma integro e senza rotture, fu da me servito alla giovane, elegante, ed esile presentatrice che, essendo ovviamente a rigorosa dieta, fece finta di saggiarlo.

Finalmente, quando la ingombrante troupe andò via, quasi a notte fonda, lo mangiammo noi con gran gusto, ma da allora non lo mai più fatto.

Ho voluto raccontarvi questo episodio per chiarirvi quanto sia raro che un napoletano realizzi il famoso sartù, che gli si sformi senza rotture della crosta, che i chicci di riso non risultino scotti e mollicci. Ricordate che ottenere una cottura perfetta è la cosa più difficile perché nel forno, seppure tenuto a "bagnomaria" il riso continua a cuocere, trovandosi in presenza di condimenti ovviamente umidi.

Ma voi ora vi chiederete, se è realmente così complicato perché ho voluto qui riportare questa famosa ricetta, originaria del 1700, quando i palati non erano così esigenti come oggi avviene ?
Ebbene si, me la ha chiesta un'affezionata frequentatrice del mio blog, la quale mi ha scritto una mail, e quindi ho ritenuto di fare cosa gradita a lei ed anche anche a voi.

Vi sono due particolari da ricordare: bisogna avere un poco di manualità nell'introdurre il riso nella forma senza far distaccare il pangrattato dalla parete, e poi fare molta attenzione a fermare a metà la cottura del riso.

Allora prendete carta e penna e copiate le parti più salienti della ricetta, anzi no scusatemi, dimenticavo che avete a fianco del vostro computer una stampante, quindi stampatevi la ricetta e seguitela pedissequamente! Andiamo a cominciare !!

Ingredienti: (per 6 persone) : Procurarsi uno stampo antiaderente a forma tronco-conica, alto cm 8/10, con diametro di base cm 15 e diametro dell'apertura cm 19. (Centimetro più o cm meno). (In seguito conservate lo stampo accuratamente per evitare che si graffi al suo interno.)
Realizzare un ragout come specificato nella ricetta pubblicata qui sul mio blog del 7 marzo 2008 .
(vi consiglio di stamparvi anche quella per averla sotto gli occhi); riso Carnaroli Superfino gr 300;
parmigiano o grana grattugiata gr 150; uova crude 2 + 1 tuorlo; prezzemolo 1 ciuffo; pangrattato per impanare lo stampo q.b.; burro gr 50; prosciutto cotto gr 150; fiordilatte gr 150; uova sode 2; funghi porcini secchi 1 bustina gr 10; pancetta a tocchettini gr 50; pisellini finissimi surgelati gr 250; cipollina 1 piccola; 1 dado da brodo di carne. Per le polpettine di carne: carne tritata gr 200; uova 1; pangratto gr 75; parmigiano o grana grattugiato gr 30; sale fino 1 pizzico; olio extra vergine d'oliva q.b. per friggere.
Procedimento: Mentre si cuoce il ragout come già indicato il 7 marzo, andare avanti con la preparazione degli altri componenti del ripieno. La polpettine: In una terrina mescolare insieme la carne tritata, il formaggio, l'uovo ed il pangrattato con un pizzivo di sale. Realizzare delle polpettine piccole quanto la falangetta di un dito e friggerle in una padellina con l'olio . Metterle da parte. Far bollire 2 uova e quando sono sode sbucciarle e tagliarle a fette o a spicchi. Metterle da parte. Ora i pisellini. In un tegamino mettere la pancetta, una noce di burro, la cipollina tagliata a velo e i pisellini, aggiungendo una tazza da caffè d'acqua. Far cuocere per 10 minuti a fuoco dolce rimestando, quindi mettere da parte. Tagliare a listerelle il prosciutto cotto ed a dadini il fiordilatte. Grattuggiare il formaggio. Mettere i funghi a rinvenire in una tazzina d'acqua calda.
Ora pensiamo a cuocere il riso: Il ragù è pronto. In una pentola mettere una metà del sugo del ragù, aggiungere cc 300 di acqua calda, il dado da brodo, e iniziare a cuocere il riso a fuoco medio rimestando una sola volta, quindi continuare la cottura controllando che il liquido venga del tutto assorbito dal riso. Eventualmente, aggiungere appena un poco d'acqua per volta, non superando i due terzi del tempo di cottura occorrente. (Ad esempio tempo previsto 18 minuti, cuocere per non più di 12 minuti). Togliere la pentola dal fuoco rimestando, per evitare che il fondo ancora caldo continui la cottura.
Dal ragù già pronto tirare fuori le salsicce e tagliarle a pezzetti minuti, metterle da parte.
Imburrare accuratamente lo stampo e cospargerlo di pangrattato. Eliminare il pangrattato in eccesso. Il riso ormai dovrebbe essersi raffreddato, allora unirvi le 2 uova crude ed il tuorlo, rimestando velocemente, poi aggiungere il formaggio ed il prezzemolo tritato. Ora attenzione !! Con un mestolo spalmate un leggero strato di riso sul fondo e sul bordo, (senza danneggiare lo strato di pangrattato perché rischiereste al momento di sformare il sartù che si attacchi alla parete), lasciando ovviamente al centro tutto lo spazio necessario per farvi entrare tutto il ripieno, ed allora a partire dal fondo mettere un poco di prosciutto, poi dei pisellini, un poco di funghi secchi (dopo averli tolti dall'acqua), dei dadini di fiordilatte, delle polpettine, dei pezzetti di salsiccia, degli spicchi di uovo sodo. Quando avrete terminato tutto il ripieno coprire con il restante riso , schiacciare un poco per compattare la chiusura e spargere sopra del pangrattato e qualche fiocchetto di burro rimasto.

Ora bisogna andare a terminare la cottura nel forno.

Per ottenere un migliore risultato è consigliabile che non passi troppo tempo, da quando avrete terminato di riempire la forma a quando la mettete in forno, perché l'umido presente nel condimento può ammorbidire i chicchi!!

Quindi  mettere lo stampo in forno già caldo a 180° per 25/30 minuti.

Tenere in caldo il restante ragù e quando il tempo è trascorso, tirare fuori dal forno la pietanza, con una sottile lama passate sul bordo tra il riso e la forma, per distaccare eventuali residui di formaggio, quindi indossare due guanti termici, adagiare sulla forma un piatto da portata e con un colpo dei due polsi capovolgere il tutto. Dare dei piccoli colpi sul fondo e quindi sollevare lentamente la forma, formulando mentalmente una preghiera.

Se siete stati/e bravi/e e non avete vicino qualche invidioso/a "menagramo" , la forma si distaccherà del tutto sollevandola.
Mettere il ragù restante in una salsiera e portare in tavola il vostro capolavoro.
Gli applausi dei presenti vi ripagheranno del tempo che avrete perso per preparare il sartù.

Se avrete anche cotto il riso nei tempi stabiliti, non potrete avere sorprese circa la qualità del risultato.

Grazie della pazienza per avermi seguito, ma se avete coraggio, alla fine ne vale la pena!

sabato 3 gennaio 2009

LE AVVENTURE DI UN CUOCO GALANTE


Il 28 ottobre vi avevo riferito del mio nuovo libro edito dalla E.S.I di Napoli "Le avventure di un cuoco galante", il quale riporta anche, alla fine del racconto, 55 ricette per conquistare la donna amata (o l'uomo amato !). Grazie a voi Otto il cuoco galante sta avendo un buon successo in tante librerie di Italia.
Ora vi comunico che il giorno 15 gennaio prossimo, alle ore 18, il libro sarà ufficialmente presentato al pubblico ed alla stampa nella Libreria la Feltrinelli di Napoli, a Piazza dei Martiri.
Alla presentazione avrò l'onore di essere accompagnato da amici illustri : Don Alfonso Iaccarino, chef noto a livello mondiale, autore della prefazione del libro; la consorte Lidia, che con lui gestisce il pluristellato "Don Alfonso 1890" di Sant'Agata sui due golfi; Santa di Salvo (caporedattrice de Il Mattino di Napoli) e Germana Militerni Nardone (delegata dell'Accademia Italiana della Cucina per le Isole e i Campi Flegrei). Sono certo faranno di tutto per mettere alla berlina il sottoscritto, ma non ne sono molto preoccupato perché ormai ho fatto una buona esperienza nelle precedenti presentazioni (ma non vi nascondo che le prime volte era difficile tenere testa a dei grandi burloni che si sono adoperati a mettermi in difficoltà con domande a trabocchetto).
Se per caso vi doveste trovare a Napoli il pomeriggio del giorno 15 perché non partecipare alla presentazione ?? Quindi vi aspetto, ma siate puntuali, alle ore 18 !


vostro Sergio

Passato il cenone di fine d'anno è rimasta tanta roba ancora buona! Quindi vi insegno due modi per riciclare un secondo di carne !

Nel caso abbiate un pezzo intero di carne già cotta, (da gr 300 a 500 ) come del rosbeef o del lesso, o anche dello stracotto, tagliatelo a sottili fettine (da 2 a 3 mm di spessore) con un coltello ben affilato (non a sega), e disponetelo in un piatto in un solo strato.
Ingredienti per la trasformazione della carne in un appetitoso piatto: 1 barattolo piccolo di maionese intera (cioè non light) da gr 250; 1 scatoletta di tonno all'olio d'oliva da gr 160 (prodotto sgocciolato gr 112); 1 cucchiaio colmo di capperi sotto sale; 2 cucchiai colmi di verdure sottaceto.
Procedimento: Mettere nel frullatore tutta la maionese, i sottaceto, il tonno (dopo aver fatto sgocciolare via l'olio di dubbia qualità) ed i capperi (dopo averli lavati in una tazza d'acqua per eliminare il sale eccessivo). Frullare per tre minuti, quindi distribuire il composto cremoso su tutte le fettine di carne. Mettere il piatto in frigo e portarlo in tavola al momento di servirlo. Guarnirlo se lo ritenete opportuno con delle foglioline di prezzemolo!

Sarà un ottimo antipasto o un piatto di mezzo !
=*=*=*=
Invece, nel caso in cui disponiate di una certa quantità di carne, quale del lesso o dell'arrosto, sia pure di pollo, di manzo, o di vitello, di dimensioni tali da non poter essere affettata, si possono ottenere, con la seguente ricetta, delle ottime polpette morbide, saporite, che nessuno riconoscerà. Seguitemi:
Ingredienti: Formaggio grattugiato grana o parmigiano gr 100; latte intero cc 250; burro gr 30; farina 3 cucchiai colmi; prosciutto cotto gr 100 ( o mortadella); uovo 1 ; sale fino 1 pizzico; olio per friggere q.b.; farina per impolverare le polpette q.b..
Procedimento: Tagliare a tocchi la carne da utilizzare (si suppone anche in tale caso siano gr 300 /500 ), eliminando ossa, nervetti o pelle. Mettere questi pezzi nel frullatore a lame unitamente al prosciutto cotto (o mortadella), e tritare per 3 minuti. Preparare con il burro, la farina, un pizzico di sale ed il latte, una besciamella piuttosto solida. Quando è pronta incorporarvi il formaggio grattugiato, l'uovo, la carne tritata, mescolare e preparare delle polpette tutte di uguale dimensione, schiacciate ai lati, (eventualmente aggiungendo appena un poco di farina nel caso l'impasto fosse venuto troppo morbido), passandole infine nella farina messa in un piatto.
In una padella mettere a riscaldate l'olio e quando è bollente friggerle sui due lati, quindi metterle a sgocciolare su carta assorbente.
Sono ottime sia calde che fredde e potranno mangiarle senza problemi anche le persone che hanno guai con i denti, cioè gli anziani e i più piccini !!