domenica 31 gennaio 2010

CRESPELLE DI RISO SICILIANE

Secondo quanto ci viene tramandato da alcuni studiosi, sembra che la pianta di riso sia giunta in Italia per merito degli Arabi che a quel temnpo occupavano la Sicilia. Comunque questo dolce abbastanza semplice lo ho più volte saggiato in casa di amici catanesi ed io stesso lo ho realizzato con successo. In realtà non ha niente di difficile o di particolarmente complicato.


Se volete allora saggiare anche voi questa specialità, seguite le mie istruzioni e alla fine resterete contenti . E' vero che non bisogna abusare con le pietanze fritte, ma una volta tanto non fa poi così male!

Ingredienti: (per 4 persone) riso gr 200 (va bene un riso da minestrone, quale Balilla, Roma, non uno adatto ai risotti; in questo caso il chicco deve scuocersi); zucchero gr 100; lievito di birra gr 10; latte fresco intero cc 1000; miele 3 cucchiai ; sale 1/2 cucchiaino; farina 2 cucchiai in un piatto fondo; olio extra vergine d'oliva q.b. per friggere.

Procedimento: in una pirofila mettere il riso, tutto il latte, un litro d'acqua, lo zucchero ed il sale. Mettere la pirofila in forno a 120° e fare cuocere fino a che tutto il liquido non sia stato assorbito dal riso. Per controllare che ciò avvenga, ogni 15 minuti aprire il forno e sbirciare dentro. Tirare fuori la pirofila e versare il suo contenuto in una ciotola più grande. Aggiungere ora il lievito disciolto in un cucchiaio di acqua calda, mescolare per un minuto e coprire la ciotola con un telo per non farla raffreddare, quindi aspettare che il composto lieviti.

Appena l'impasto sarà gonfiato, con un cucchiaio prelevare un piccolo quantitativo di riso, passarlo nella mano , formare un cilindretto, poi nella farina ed infine nella padella con l'olio bollente. Con una schiumarola prelevare le crespelle mano a mano che sono fritte e passarle su carta da cucina assorbente, poi nel piatto di portata.

Spolverarvi sopra o dello zucchero a velo (n.b.) o il miele disciolto in un cucchiaio di acqua calda.

Sarebbe meglio servirle calde, ma sono ottime anche tiepide.

(n.b.) Non so se lo ricordate, ma lo zucchero a velo si ottiene mettendo qualche cucchiaio di zucchero normale in un frullatore, farlo andare per un minuto ed il gioco è fatto!

sabato 30 gennaio 2010

RICETTA PER I SINGLE : I VERMICELLI RICOTTA & PARMIGIANO


Distratto dal fissare le foto dei miei piatti sul mio blog, cosa che mi riesce spesso abbastanza difficile, pur non volendo, avevo per un pò di giorni dimenticato che vi sono sempre i "single" , il cui numero continua a crescere a dismisura.

C'è gente che si separa a pochi mesi dal matrimonio, chi dopo un paio di anni e chi dopo ben diciasette anni. (Forse sarà perché alcuni ritengono che 17 sia un numero jellato!).

Sembra strano che proprio oggi, che ogni coppia ha la possibilità di fare prima la prova, convive un poco insieme, poi decide di sposarsi e poi salta fuori l'imprevisto e tutto va all'aria.

E se nel frattempo è venuto al mondo un povero esserino al quale prima del concepimento nessuno ha chiesto : "Vuoi o no venire in questa valle di lacrime, dove i cibi sono inquinati, l'aria che respiri pure, l'acqua che berrai lo stesso non sarà pura, e non parliamo poi se la mamma fuma abitualmente , invece del buon latte materno, quando succhierai il latte, ti sembrerà di avere in bocca della provola affumicata !!"

E sì signori cari, tutto questo è vero, sono tante le mamme che hanno fumato in gravidanza ,
forse perché mal consigliate o perché ignoranti del tutto o peggio ancora perché del tutto egoiste, come sono tante quelle che continuano a fumare anche nel periodo dell'allattamento, come tanti sono quei padri ignoranti che fumano in casa al cospetto dei piccoli.

Se esiste l'inferno è più che giusto che ci vadano questi esseri egoisti, i quali ritengono che i loro vizi vadano dinnanzi a tutto !

Ma mi chiedo, in questo sconfinato INTERNET, non c'è uno speciale facebook per trasmettere ai diavoli un elenco di costoro !!

Ho motivo di credere che ci sia un sistema per farlo, ma forse non sono ancora molto pratico e sufficientemente esperto nel cliccare i siti della voce: "Mandare qualcuno al Diavolo!"

Sarà forse che oggi sono particolarmente buono e quindi rimando il problema a quando mi sarò maggiormente spratichito con il "mouse" e passo a questa ricetta semplice semplice e velocissima

Ingredienti: (per una persona) vermicelli o altra pasta gr 100 (se avete molta fame preparatene anche gr 150); ricotta gr 100; grana o parmigiano grattato 3 cucchiai; sale.

Procedimento: Mettere sul fuoco una pentola con un paio di litri d'acqua ed un mezzo cucchiaino di sale grosso. Quando bolle immergervi dentro la pasta. Intanto mettere in un piatto fondo la ricotta ed il formaggio grattugiato e con una forchetta mescolateli insieme. Quando la pasta è pronta al dente, mi raccomando, prelevate un mestolino d'acqua della pasta e versatela nel piatto fondo, mescolate e poi subito scolate la pasta, unitela alla ricotta, sedetevi e mangiatela con calma. Finito!

Giuro che la prossima ricetta sarà molto più seria ed importante!

sabato 23 gennaio 2010

COME ARRIVO' IL MAIALE NEGLI STATI UNITI E COME SI SVILUPPO' IL SUO ALLEVAMENTO




E' una interessante storia che ci è stata raccontata dal Delegato dell'Accademia Italiana della Cucina della città di Washigton e che in parte ritengo possa interessare tutte le persone appassionate alla cucina ed alle sue origini.

La storia del maiale in America inizia nel 1539 quando Hernando de Soto approdò nella Tampa Bay della Florida con 13 maiali. Da questi 13 esemplari si sviluppò l'industria cucinaria del maiale in America ed oggi gli USA sono uno dei maggiori produttori di carne suina, dopo l'Unione Europea.

Il maiale è la carne maggiormente consumata nel mondo e rappresenta il 38% del consumo giornaliero di carne.

Vi sorprenderebbe sapere che i primi maiali in America hanno una relazione con Wall Street?
State sentire: Verso la metà del 1600, orde di maiali semi-selvaggi danneggiavano i raccolti di grano dei coloni di New York.
Nell'isola di Manhattan il problema si aggravò al punto che i danneggiati costruirono una lunga muraglia (wall) per proteggersi dalle orde di maiali.

Tale zona venne quindi chiamata Wall Street.

venerdì 22 gennaio 2010

SPAGHETTI AL POMODORO CON LE COZZE



E' il caso di dire che una cozza tira l'altra, e così parlando di cozze nella precedente ricetta, mi sono ricordato di aver fatto una grossa dimenticanza. Di non aver descritto questa pietanza !!

Tutti al mondo lo conoscono, é un piatto classico, e fino ad oggi avevo dimenticato di inserirlo nel mio blog! Non c'é persona che viene a Napoli e non saggia gli spaghetti al pomodoro con le cozze.
Intendiamoci che qui parliamo di un piatto povero, perché le cozze sono state sempre un sostituto miserello delle vongole veraci, con un prezzo di vendita al chilo di cinque o sei volte superiore.

Ciò avveniva fino allo scorso anno, perché ora gli allevatori di vongole della zona Chioggiotta,
riuniti in cooperativa, dopo anni di esperimenti con diverse razze, hanno impiantato i semi (o le uova) di vongola filippina nei territori loro assegnati ed hanno ottenuto un'ottima produzione, con qualità eccellenti che nulla hanno a invidiare alle nostrane.

Sembra strano ma a Natale nei supermercati di Milano, le vongole erano vendute a Euro 9 al chilo; a tre giorni dall'inizio dell'anno si trovavano a Euro 3 al chilo, perché dovevano essere vendute subito per evitare che scadute dovessero andare alla distruzione.

Cioè ad una quotazione vicina a quella delle cozze.

Questa è la riscossa delle cozze !!

Ma la cosa importante è mangiarle cotte, perché il "vibrione del colera" che potrebbe trovarsi al suo interno in alcuni tratti di mare, muore superando i 100° .

L'ideale sarebbe farle aprire in una pentola a pressione in pochi minuti, così si è sicuri del tutto.
Ma comunque quando anche fossero aperte a meno di 100° in una normale padella, passandole poi nella salsa di pomodoro che sfrigola con l'olio ad oltre 100° , i pericoli sono del tutto superati.

Ma torniamo a noi e vediamo di gustarci questo capolavoro della natura, che sposato al pomodoro, all'olio extra vergine d'oliva, all'aglio ed a una buona manciata di prezzemolo tritato, unito ad una fumante grossa forchettata di spaghetti appena scolati al dente,(o vermicelli o linguine) vi porta dritti dritti in estasi, altro che caviale e ostriche !!

Ma vi ho già detto quasi tutto, non vi sono segreti, comunque per non farci trascinare dalla poesia, ritorniamo con i piedi per terra e vi elenco gli ingredienti:

Ingredienti: (per 4 persone) cozze gr 1500; spaghetti gr 500 (o vermicelli o linguine); pomodoro polpa o pelato gr 800; olio extra vergine d'oliva 6 cucchiai; aglio 3 spicchi; prezzemolo 1 ciuffo; sale.
Procedimento: Lavare le cozze con uno spazzolino, scolarle e metterle in padella su fuoco forte. Se avete un coperchio copritela, così accellerate l'apertura delle valve di qualche minuto.
Prendere i frutti e metterli da parte, gettando via le cozze che non si sono aperte perché forse morte da tempo. (Mi è capitato una volta di aprire una cozza che non si era aperta e ne cadde fuori una melma nera, un specie di sabbia sporca al posto del frutto; dovetti gettare via tutto e lavare accuratamente la padella.)

In una grande padella che poi dovrà contenere anche tutta la pasta, mettere l'olio, l'aglio in due o tre pezzi, un cucchiaino di sale fino e poi il pomodoro (schiacciandolo con una forchetta se si tratta di pelati). Fare cuocere a fuoco medio per 15 minuti, poi togliere l'aglio, aggiungere le cozze e mescolare, spegnere il fuoco e spargervi sopra il prezzemolo ben lavato ed asciugato, tagliato sottile con le forbici.

Quando sarete vicini all'ora di andare a tavola, mettere sul fuoco una pentola con acqua salata e quando bolle mettervi dentro la pasta, rimestando una volta.

Evitare di distrarsi al momento di toglierla dal fuoco.

Scolarla, ben al dente, mi raccomando, e passarla nella padella con il sugo, su fuoco forte, rimestare e cuocere per tre minuti: poi o portare in tavola direttamente la padella (se siete in confidenza con gli altri commensali), altrimenti passare subito la pietanza in un piatto di portata e servire gli amici.

Rimpiangerete di averne preparato soltanto mezzo chilo!

COZZE RIPIENE CON CHAMPIGNONS IN BIANCO AL FORNO


C'é chi asserisce che i frutti di mare sono più pieni quando la luna è piena e invece c'é chi dice il contrario, comunque questa pietanza si può anche chiamare all'americana "finger food" , perché le cozze si sono da sempre mangiate con le mani, forse ancora prima che Cristoforo Colombo scoprisse l'America!

In ogni caso il costo degli ingredienti è abbastanza contenuto, e se le trovate poco piene, ripetetela dopo trenta giorni, oppure consultate un calendario prima di comprarle; (sul bordo di ogni sua pagina troverete le fasi lunari!)

Queste cozze vanno benissimo sia all'inizio di un pranzo, tenendo in mano un bicchiere di vino bianco freddo, che come intermezzo tra una pietanza e l'altra.
Allora le volete provare o no ?

Poi vi prometto che un giorno vi farò conoscere le cozze ripiene di carne, credo di origine livornese, ottime, cotte nel pomodoro dopo averle legate con un filo di cotone, che non si deve però inghiottire!

Ingredienti: (per 4 persone) cozze gr 1500; burro gr 100; olio extra vergine d'oliva 3 cucchiai; funghi "champignons"coltivati gr 250 (in tutti i supermercati in ogni stagione); mollica di pane gr 100; aglio 2 spicchi; prezzemolo 1 ciuffetto; sale fino; pangrattato 3 cucchiai.

Procedimento: Pulire accuratamente ogni cozza con uno spazzolino. Metterle in una padella e su fuoco forte farle aprire in pochi minuti.
Eliminare per prima cosa quelle che non ostante il calore forte non si sono aperte.
Sono certamente morte e magari piene di sabbia od altro..... che potrebbe rovinare il vostro operato.

Mettere in un piattino tutti i frutti e tenere da parte soltanto una delle due valve. Preferire le più grandi. Filtrare (con un poco di ovatta in un imbuto) l'acqua di cottura contenuta nella padella e tenerla da parte.
Pulire con uno strofinaccio umido i funghi e tritarli a piccoli pezzetti insieme all'aglio ed al prezzemolo. Metterli in una ciotola con il burro fuso (in una padellina appena passata sulla fiamma), un pizzico di sale, la mollica di pane intrisa con un poco dell'acqua delle cozze, mescolare e formare un impasto omogeneo.(non troppo liquido, mi raccomando).
Se lo gradite questo è il momento di una spolverata di pepe fresco!

Prendere in una mano una metà del guscio, nell'altra mano un cucchiaino e riempirlo con il composto quindi affondarvi dentro una cozza.

Oliare una pirofila che poi sarà portata in tavola e sistemarvi tutte le cozze senza sovrapporle, una vicina all'altra; spolverarle con il pangratto utuilizzando un passino e poi versare sopra appena un sottile filo d'olio.
Tenerle in frigo fino a quando sarete pronti per andare a tavola.

Metterle in forno già caldo a 180° per 10 minuti non di più e servirle subito, porgendo con l'altra mano i tovagliolini di carta.

E poi raccontatemi come è andata !!

giovedì 21 gennaio 2010

I PACCHERI CON LA CERNIA E LA GALLINELLA













Foto 1 aggiungo i pomodori pelati Foto 2 al termine della cottura

Foto 3 aggiungo l'olio

Foto 4 aggiungo il vino

Foto 5 i pesci ancora crudi
Foto 6 metto gli aromi


Confesso la mia difficoltà a

sistemare le foto nella giusta

sequenza!! Devo ancora imparare!




Era un primo piatto importante, non era il solo "primo", vi era anche un risotto con i "porcini", tante "crepes" in due diverse maniere, e poi niente secondi piatti, soltanto svariati contorni di verdure e i dolci.

Ma i paccheri di Gragnano con il sugo e la polpa della cernia e della

gallinella (che noi chiamiamo "coccio"), era il piatto che avrebbe
ricevuto le maggiori attenzioni. Quindi non si poteva sbagliare!!
La cernia pesava gr 2.500 e la gallinella gr 1.500, sembravano ancora

vive e sarebbero state più che sufficienti per condire poi due chili di paccheri: i commensali erano 36!

Ingredienti: pesci gr 4000; paccheri gr 2000; pomodori pelati gr 800

x 2 barattoli; olio extra vergine d'oliva q.b.; aglio 4 spicchi; vino bianco secco cc 350; sale fino 1 cucchiaio; timo 4 rametti; rosmarino 4 rametti; pepe in grani 15 chicchi; ginepro 15 bacche; prezzemolo 1 ciuffo.

Procedimento: lavare i pesci, asciugarli e con un coltellino ben affilato
fare tre incisioni per lato.
Tagliuzzare gli spicchi d'aglio, unirli alle foglioline del timo e del rosmarino
spezzate con le forbici, mescolarle insieme ad un paio di cucchiai d'olio e ad un cucchiaino di sale fino quindi infilare questo miscuglio nei tagli dei pesci.
Tutto il resto dell'aglio, dei rametti, del prezzemolo, i grani di pepe e le bacche di ginepro, vanno sistemati nello stomaco e nel fondo del tegame.
Adagiare i pesci in un tegame che li contenga bene, a giusta misura, quindi non più grande.
Tagliuzzare in una terrina i pomodori pelati e sistemarli intorno ai pesci. Irrorarli con abbondante olio, spargere sopra qualche pizzico di sale, versare il vino, chiudere il tegame sigillandolo con il foglio di alluminio e mettere su fuoco medio.
Dopo 15 minuti di cottura aprire la copertura di alluminio (fare molta attenzione a non scottarvi per il vapore che verrà fuori) e con un cucchiaio, riversare sui pesci il condimento ed il pomidoro che sarà sul fondo, quindi richiudere e far cuocere ancora per 10 minuti. Riaprire di nuovo e rigirare i pesci per far cuocere anche l'altro lato, con delicatezza, possibilmente senza danneggiarli. Bagnarli di nuovo con il fondo di cottura e dopo altri 10 minuti togliere il tegame dal fuoco. Con un cucchiaio sollevare uno dei lati del pesce più grande e controllare che ormai sia cotto: non dovrà esservi sangue rosso vicino alla lisca centrale, altrimenti rimettelo sul fuoco per altri dieci minuti.

Nel mio caso, dopo aver fatto raffreddare la pietanza, e dopo aver messo da parte tutto il condimento e gli aromi, ho proceduto alla spolpatura dei due pesci lavorando con un coltellino ed un piccolo cucchiaio, eliminando tutta la pelle, le lische e tutte le spine. Un vero lavoro di pazienza nel quale sono stato ben aiutato da mia moglie; ed infine tutta la polpa è stata di nuovo mescolata al condimento.

Cotti al dente in acqua salata i paccheri, e messi in una capace zuppiera, sono stati ricoperti dal
condimento misto alla polpa dei pesci ed in breve ne è rimasto solo il ricordo !




mercoledì 20 gennaio 2010

UNA CROSTATA GIALLA CON CONFETTURA DI ALBICOCCHE


Si tratta di un dolce di semplice fatttura, un poco diverso dal solito, adatto ad una merenda per i bambini o da offrire con il tè delle cinque alle vostre amiche.
Quello che poi resta lo potete mangiare la mattina dopo per prima colazione, comunque fate voi!

Le moderne massaie spesso preferiscono utilizzare la pasta frolla già confezionata, spianata e pronta per foderare una crostata, ma se la preparate voi siete certe che vi è il burro e non un grasso di maiale più adatto a crostate con il ripieno salato.

Ingredienti: (per 6 persone) farina bianca gr 100; farina gialla gr 180 (del tipo per polenta veloce); burro gr 150; zucchero gr 130; tuorli d'uovo 3; limone 1 (la buccia grattugiata); confettura di albicocche (o di pesche) gr 200; sale fino.

Procedimento: in un'ampia ciotola unire i due tipi di farina e lo zucchero, mescolare ed aggiungere mezzo cucchiaino di sale, i tuorli d'uovo, la buccia grattugiata del limone (ben lavato ed asciugato) , il burro a pezzetti riscaldato e quasi sciolto in un pentolino appena passato sul fornello acceso. Impastare il tutto senza fare eccessivamente riscaldare la pasta e metterla in frigo tra due piatti fondi, per 30 minuti.

Imburrare una teglia da forno - diametro cm 25 - con la chiusura a cerniera per agevolare la sformatura della crostata.
Sul piano da lavoro, su di un foglio di alluminio, stendere con il mattarello i tre quarti della pasta e foderare il fondo e parte del bordo, aiutandovi con le dita.
Con una parte della restante pasta formare un cordoncino e farlo aderire con la pressione delle dita al bordo rinforzandolo.
Versare dentro la confettura e pareggiarla con una spatola.
Con la parte di pasta rimasta ancora, formare sei cordoncini uguali e disporli sulla confettura, saldandoli al bordo disegnando un reticolato (vedi foto).
Mettere in forno già caldo a 140° per 60 minuti.
Aspettare che il dolce si sia raffreddato prima di aprire la cerniera e tirarlo fuori, perché ancora caldo potrebbe rompersi.

martedì 19 gennaio 2010

LE FRITTELLE DI MELE (SENZA IL BUCO) DI VINCENZO BUONASSISI




Il 25 gennaio ricorrono sei anni dalla scomparsa di Vincenzo Buonassisi.
Fu un grande giornalista e scrittore principalmente di gastronomia.
Fu il primo che rese la cucina spettacolare e al tempo stesso alla portata di tutti.
Ha al suo attivo decine e decine di libri sull'argomento.

Negli ultimi anni di vita tra l'altro collaborava con diversi periodici per la donna e in un vecchio ritaglio del settimanale Gioia conservato tra le ricette di mia moglie, ho scovato nella rubrica "A tavola con Gioia", delle originali frittelle di mele, un pò diverse dalle solite che mi hanno incuriosito.

Le ho realizzate, le abbiamo mangiate tutte prima che fosse possibile fotografarle, e quindi dovete fidarvi di quanto qui vi scrivo, se volete anche voi prepararle per i vostri bambini o per i vostri ospiti.

Frittelle con le mele a dadini:
Ingredienti: 6 mele; farina gr 160; lievito per dolci 1/2 bustina; tuorli d'uovo 2; zucchero 2 cucchiai colmi; olio extra vergine d'oliva 1 cucchiaio; arancia 1 (il succo); uvetta sultanina gr 100;
latte fresco intero 2 o 3 cucchiai (per rendere più o meno fluida la pastella); olio extra vergine d'oliva q.b. per friggere; sale fino 1 pizzico.

Procedimento: preparare la pastella: in una ciotola mescolare insieme (per 2 minuti) i tuorli d'uovo con lo zucchero, unire la farina, il lievito, il cucchiaio d'olio, il pizzico di sale, il succo dell'arancia, l'uvetta (fatta rinvenire in acqua calda e fatta scolare) e i cucchiai di latte.
Mescolare il tutto insieme per un paio di minuti e tenere da parte.
Lavare le mele, eliminare la buccia ed il torsolo, tagliarle a minuscoli dadini ed aggiungerle subito al composto. (Le mele vanno tagliate all'ultimo momento ed immerse nella pastella , altrimenti si scuriscono).

Mettere sul fuoco forte una padella con l'olio e quando è bollente prelevare con un cucchiaio una parte del composto e versarlo in padella.
Rigirare la frittella per cuocerla su entrambi i lati, quindi con una schiumarola sollevarla e metterla su carta da cucina assorbente.

Andare avanti fino alla fine, rimestando la pastella ogni volta che ne prelevate un cucchiaio.
Spolverare sopra, quando avrete finito di friggere, un poco di zucchero a velo con un passino.

lunedì 18 gennaio 2010

UN RISOTTO ALLA PARMIGIANA UNITO AI RIGATONI ALL'AMATRICIANA


Ora non ricordo se sono passati sei o sette anni da quando ebbi la ventura, anzi direi la fortuna di mangiare questa piatto che mi rimase impresso nella memoria per la sua originalità, ma che ovviamente non potevo fotografare al ristorante.
E poi i telefonini che oggi fanno le foto ancora non erano in commercio, ma per fortuna mi ricordai di prendere qualche appunto.
Comunque vi prometto che non appena lo cucino a casa mia lo fotografo e lo inserisco qui nel blog, al posto di questa foto!

Soltanto un grande genio creativo della gastronomia come Gualtiero Marchesi poteva ideare un primo piatto in cui compaiono insieme-ma-separati, i due elementi che rappresentano uno il Nord, cioè il riso, e l'altro il Sud Italia, cioè i maccheroni.

E' una pietanza doppia, molto originale, da esibire in un'occasione importante dinnanzi a persone che siano in grado di giudicare quanto lavoro e quanto amore ci sia stato messo nella delicata preparazione di questo primo piatto che richiede tra l'altro un preciso tempismo nelle cotture.

Ed è anche molto bello da vedere: sul fondo del piatto piano viene steso uno strato di risotto bianco, mentre al centro troneggia una piccola piramide di sette o otto rigatoni fumanti, coperti da un fiammeggiante rosso sugo.

Se avete allora la pazienza di seguirmi vi riporto le due ricette, perché in realtà due sono le pietanze da preparare contemporaneamente, ma intendiamoci, porzioni da "bambola" : quattro di riso e quattro di rigatoni, ora vedrete le quantità!

Il risotto al parmigiano:(per 4 persone)

Ingredienti: riso Carnaroli gr 240; burro gr 70; cipolla gr 20 (affettata a velo); vino bianco secco cc 50; brodo di pollo (o di carne di manzo o di dado) cc 1.000; parmigiano reggiano grattugiato gr 50; sale; pepe se gradito.

Procedimento: affettare a velo la cipolla, metterla in una pentola con il manico con metà del burro e su fuoco dolce farla imbiondire. Aggiungere il riso e farlo tostare per un paio di minuti, rimestando con un mestolo di legno. Aggiungere il vino bianco e quando è evaporato aggiungere il brodo, un poco per volta, facendolo incorporare rimestando ogni tanto.
Trascorsi 15 minuti togliere la pentola dal fuoco, incorporare l'altra metà del burro ed il parmigiano e lasciare coperto il risotto per 5 minuti.
Riprendere la pentola e su fuoco dolce rimestare di nuovo, eventualmente unendo ancora un mestolo di brodo, fino ad ottenere la consistenza all'onda e versare il risotto sul fondo dei quattro piatti tenuti sino ad allora al caldo nel forno a 60° .


I rigatoni all'amatriciana: (per 4 persone)

Ingredienti: rigatoni gr 240; pomodori gr 250; cipolla gr 100 affettata a velo; guanciale gr 200; olio extra vergine d'oliva 4 cucchiai; sale; pepe e peperoncino forte (se gradito).

Procedimento: lavare i pomodori, sbucciarli, eliminare i semi e l'acqua di vegetazione. (Nel caso di pomodori pelati eliminare l'acqua di vegetazione). Tagliare la polpa a pezzetti. Affettare sottilmente (a velo) la cipolla, metterla in un tegame basso e farla imbiondire a fuoco dolce con l'olio, per un paio di minuti. Aggiungere il pomodoro, un pizzico di sale e continuare la cottura a fuoco medio per 5 minuti.
Cuocere i rigatoni in acqua bollente salata. Tagliare il guanciale ottenendo quattro fettine molto sottili e tenerle da parte. Il resto tagliarlo a tocchetti piccoli, metterli in una padellina e friggerli, tenendoli al caldo. In un'altra piccola padella adagiare dentro le quattro fettine di guanciale (che serviranno di guarnizione ai piatti) e friggerle per un paio di minuti.
Scolare i rigatoni al dente e condirli con il sugo di pomodoro.

Finitura dei piatti: versare in ognuno dei quattro piatti (già caldi) un cucchiaio di risotto caldo, stendendolo appena, al centro mettere 6 o 7 rigatoni a piramide, sopra va distribuito un mezzo cucchiaio di cubetti di guanciale fritto con il loro fondo di cottura e poi sistemare dritta al centro come una bandierina la fettina di guanciale fritta in padella.
Portare subito in tavola. (E' molto importante che i piatti siano caldi).
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Foto da Grand Gourmet n°100 - anno 2003

domenica 17 gennaio 2010

LA LAMPUGA FRITTA CON I PEPERONI

La "lampuga" è un vorace pesce dei nostri mari, chiamato anche "pesce capone" o nei mari degli U.S.A. "dorado".
Si pesca di solito alla traina o con la rete e può raggiungere anche i 10 / 15 chili di peso.
Specialmente nel sud del Tirreno, vicino le coste della Calabria e della Sicilia è frequente la sua cattura, ma non è considerato un pesce pregiato, differentemente da come invece avviene per un pesce spada o per un tonno.
Forse sarà per la sua bruttezza, perché ha il corpo schiacciato, un muso rincagnato specialmente nel maschio, che non è particolarmente ricercato ed è raro trovarlo nei nostri mercati.
Eppure la lampuga di uno o due chili, tagliata a fette, infarinata e fritta in olio extra vergine d'oliva è ottima, e poi con questa mia ricetta che mi ricorda la Sicilia, mia seconda patria, la cremosa consistenza e la dolcezza dei peperoni fritti, riesce ad ammorbidire le sue carni rendendole meno asciutte ed ancora più saporite.

Ma prima di andare avanti voglio raccontarvi il mio ultimo "incontro" con la "lampuga", avvenuto verso la fine della scorsa estate, proprio in Sicilia, a Cefalù.
(Ma non si trattava di un incontro subacqueo, come forse pensavate!!)
La Regione Sicilia mi aveva invitato a tenere una relazione sul "pesce Azzurro" a Cefalù, in occasione di un Convegno e così, salito la sera a Napoli sul vagone letto per Palermo, scesi alla stazione di Cefalù alle ore 7 precise della mattina successiva .

Fermo sul marciapiede, mi attendeva non ostante l'ora mattutina, il mio omologo, il Delegato di Cefalù dell'Accademia Italiana della Cucina, l'emerito Prof. Beniamino Macaluso, il quale mi volle accompagnare in albergo.
Ma giunti in albergo alle ore 7,15 , dove poi nel pomeriggio si sarebbe svolto il Convegno, mi dissero che la mia stanza non era ancora pronta e che gli attuali occupanti dormivano saporitamente, quindi mi pregarono di ripassare più tardi.

L'amico Beniamino allora mi propose di andare alla sua villa, dove avrebbe potuto offrirmi un caffè, a pochi metri dall'albergo ed io accettai di buon grado.
Bevuto il caffè, mi lasciò solo dinnanzi ad un tavolino con carta e penna per poter preparare la "scaletta", cioè l'elencazione dei vari argomenti che avrei nel pomeriggio trattato nel mio intervento e mi accinsi a scrivere.

Avevo appena iniziato, quando mi giunse alle narici un insolito profumo data l'ora mattutina, che non mi riuscii subito di identificare, mentre in quel momento dal giardino comparve Beniamino, e così gli chiesi: "Beniamino, ma qui vicino ci deve essere un ristorante, perché sto sentendo un profumino che mi sta risvegliando un appetito...."
"No, non è niente - mi assicurò lui - sai che io vivo ormai solo. E' il mio collaboratore domestico indiano che sta friggendo una lampuca di poco più di un chilo che ho comprato al mercato trovandomi per strada alle 6,30 del mattino.
Sai, noi pranzeremo al ristorante, mentre lui si mangerà la lampuca; non so come la cucinerà, per ora se la sta friggendo!"
"Ha un profumo stupendo."- aggiunsi io.
"La vuoi venire a vedere?"- rispose lui
E ci recammo in cucina dove l'indiano aleggiava nel mezzo di una nuvola di fumo di olio fritto.
La lampuca tagliata a trance era ormai fritta quasi del tutto.
"Sono quasi le 8, la vuoi saggiare ?" - mi propose il padrone di casa porgendomi un tovagliolino di carta con una fetta di pesce che ancora scottava.
La presi e le detti un primo timido morso, poi un secondo, ed esclamai: "Ma è buonissima!"
"Dai - aggiunse lui finendo di inghiottire il suo primo pezzo e porgendomene un altro - prendi anche questo è ancora più caldo!"
Tentai di resistere, ma cedetti alla tentazione, mentre il povero collaboratore ci guardava un pò preoccupato per la sorte che stava facendo la sua colazione.
A dirla in breve, nel giro di dieci minuti, noi due avevamo divorato, quasi senza accorgercene un pesce di oltre un chilo ed allora il mio anfitrione esclamò: "Ora ci vuole un buon bicchiere di vino bianco secco e gelato per pulirci la bocca; poi un altro caffè per toglierci il profumo del vino, e poi tu lascia qui la tua scartoffie, hai ancora tanto tempo per scrivere, andiamo al mercato a piedi e compriamo un altro pesce per il pranzo di Louis. Lo ho visto davvero molto preoccupato!"

Ma ritorniamo ora alla nostra semplicissima ricetta:
Ingredienti: (per 4 persone) lampuga da gr 1000/circa; peperoni 2 gialli, 2 rossi, 2 verdi; pomodori pelati o polpa gr 150; capperi 1 cucchiaio; olive verdi 12 denocciolate a pezzetti; olio extra vergine d'oliva q.b. ; acciughe salate 4 filetti; aglio 2 spicchi; farina 4 cucchiai.
Procedimento: lavare la lampuga dopo averla eviscerata, privata della testa, quindi tagliata a fette da cm 4. Passare le fette di pesce in un piatto in cui vi sia della farina con un pizzico di sale fino (mischiato insieme), scrollare via quella in eccesso e mettere le fette in padella con abbondante olio d'oliva. Friggere i singoli pezzi su entrambi i lati e metterli da parte al caldo; gettare via l'olio usato.
Lavare i peperoni, asciugarli, eliminare semi e torsoli e tagliarli a listerelle da cm 2 .
Metterli in padella con l'aglio schiacciato, dell'olio nuovo, cuocere senza coperchio a fuoco medio per 10 minuti.
Aggiungere i capperi privati del sale, la polpa di pomodoro (o i pelati schiacciati con una forchetta), le olive tagliuzzate e i filetti di acciughe a pezzetti.
Dopo altri 10 minuti di cottura aggiungere ai peperoni i pezzi di lampuga fritti , unire il tutto e cuocere per un paio di minuti, togliere dal fuoco, eliminare l'aglio e tenere al caldo.
Al momento di andare a tavola riscaldare su fuoco medio la pietanza e servirla calda dopo averla trasferita nel piatto di portata.

sabato 16 gennaio 2010

PENNE AI BROCCOLETTI E ACCIUGHE SALATE

Siamo in inverno, nella stagione dei broccoletti e quindi questa volta propongo un classico o quasi: classiche sarebbero in Puglia le "orecchiette con i broccoli", ma questa volta la ricetta che ho preparato è un pò differente e con qualcosa in più che la rende più saporita .

I broccoletti si trovano ormai dovunque, e se così non fosse potrete sempre ricorrere ad una busta di surgelati che dal punto di vista nutrizionale non perde nulla e che credo abbia un costo più o meno simile a quelli freschi.
Abbandoniamo allora i sughi a base di carne, e dedichiamoci a questa pietanza vegetariana.

Ingredienti: (per 6 persone) penne gr 500; cime di broccoletti gr 500; filetti d'acciughe salate 6; pomodori secchi sott'olio 6; aglio 2 spicchi; olio extra vergine d'oliva 6 cucchiai; peperoncino forte (se gradito).

Procedimento: riempire la pentola (dove poi saranno cotte le penne) di acqua salata e dopo aver lavato e tagliato a cimette i broccoletti, immergerli dentro, cuocendoli per 3 minuti. Scolarli con una schiumarola, senza gettare via l'acqua. Rimettere la pentola con l'acqua ancora calda sul fuoco e non appena bolle gettarvi dentro le penne.

Intanto in una grande padella, (capace poi di contenere tutte le penne) mettervi l'olio, l'aglio tritato finemente, i filettti d'acciuga ridotti a pezzetti, poi i pomodori secchi tagliati a minute striscioline ed i broccoletti tagliuzzati.

Rosolare il tutto per 3 minuti rimestando, scolare al dente le penne e passarle in padella, su fuoco forte rimestando ancora. Dopo tre minuti togliere dal fuoco, passare nel piatto di portata e servire subito.
Se volete aggiungere il peperoncino forte, questo è il momento, ma non perdetelo d'occhio.

venerdì 15 gennaio 2010

ROTOLO DOLCE ALLA CREMA ALL'ARANCIA




Siamo nel pieno della stagione delle arance, in cucina sta sobollendo la mia prima marmellata di arance dell'anno, con un 10% di bucce di arance amare e le scorzette di due grossi limoni, perché proprio oggi mi è finita la riserva dell'anno scorso.

Quindi ogni tanto devo alzarmi dal computer a rimestare per un minuto, poi torno alla tastiera.

Se date uno sguardo nella mia prima pagina a destra in alto, noterete che da qualche settimana vi è un "motore di ricerca" dal titolo "cerca nel blog", e lì potrete trovare la data e la ricetta della mia marmellata, ampiamente descritta.
Forse, ora che ci penso, mi sono sfuggite soltanto le scorzette di limone tagliate fini fini , messe a crudo e non bollite, come avviene invece per tutte quelle di arancia.

E ripensandoci mi sono chiesto, perché non preparare il rotolo di Pan di Spagna ben sottile, con dentro una crema all'arancia e sopra una guarnizione di marmellata?
Allora cerca che ti ricerca, ho trovato la mia ricetta, di recente da me scritta in un periodico finanziario, pochi giorni or sono: "4 settembre 1999" cioè oltre 10 anni fa.

Era da allora che non lo realizzavo e spero domattina, quando la marmellata si sarà raffreddata, di non fare una brutta figura e di riuscire a tirare fuori un rotolo perfetto.

Allora se volete provare anche voi questo semplice dolce, molto gradito a tutti e poco costoso, seguite le istruzioni e poi, quando lo avrete realizzato mandatemi un commento. Vi ringrazio fin da ora !!
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Immagine da "pentola di rame" & "Myles"
Ingredienti: per il tappetino da arrotolare: farina gr 50; zucchero gr 150; uova 4; lievito vanigliato 1/2 bustina. Per il ripieno: zucchero gr 60; tuorli d'uovo 2; latte intero gr 250; farina gr 30; burro gr 50; arance 2. Per la guarnizione: marmellata d'arancia gr 50.

Procedimento: In una terrina frullare i soli tuorli con lo zucchero, aggiungere due cucchiai d'acqua, poi incorporare la farina a pioggia e il lievito in polvere. Unirvi gli albumi montati a neve ferma, mescolando delicatamente da sotto in sopra. Foderare con carta da forno la teglia rettangolare (o quadrata) del forno, imburrarla, versarvi dentro il composto che si livellerà da solo e cuocere in forno già caldo a 190° per 15 minuti. Sfornare questo tappetino, adagiarlo su di un panno (pulito) appena umido e arrotolarlo con delicatezza, mettendolo a raffreddare.

Preparare ora la crema: in una pentola mettere il latte, aggiungervi la sola scorza (ben lavata) di un'arancia e portarla a bollore. Togliere dal fuoco e gettare via la scorza. In una terrina mescolare la farina con i soli tuorli, metà dello zucchero e lavorare per due minuti. Aggiungere il latte ormai intiepidito, un poco per volta, sempre mescolando.

Rimettere il composto nella pentola dove avete fatto bollire il latte e su fuoco dolce mescolare di continuo per un paio di minuti. Un poco per volta la crema si addenserà sotto i vostri occhi ed allora toglierla dal fuoco e versarla in una terrina. Aggiungere il resto dello zucchero, il burro, la scorza grattugiata di un'arancia ed il suo succo, mescolando rapidamente per far amalgamare il tutto.

Srotolare delicatamene il tappetino di Pan di Spagna, spalmarvi sopra tutta la crema e riavvolgerlo, sistemandolo sul piatto di portata. Guarnire con la marmellata d'arancia e porlo in frigo.

Servirlo a fette, tagliandolo sotto gli occhi dei commensali, quando si sarà ben raffreddato.

mercoledì 13 gennaio 2010

FUSELLI DI POLLO AL FORNO CON PATATE E CIPOLLE


Il pollo, che mezzo secolo fa era una pietanza che potevano permettersela soltanto i proprietari di terreni ed i più benestanti, oggi grazie alle pollicolture è divenuto il cibo più economico alla portata di tutti.
Ma è pur sempre composto da carne bianca, quindi anche necessaria al nostro organismo che ha bisogno di proteine nobili e che non deve nutrirsi soltanto di carni rosse, come quelle bovine.

Quindi, pur sapendo che i polli oggi in commercio hanno camminato poco e non sono più forniti di muscoli, in un certo senso li preferiamo a quelli veramente ruspanti perché non saremmo più capaci di strappare la carne con i denti come facevano i nostri progenitori alcune migliaia di anni fa.

Ed allora vediamo di cucinare queste carni oggi presenti sul nostro mercato, in una maniera gustosa, rendendole più gradite di un insipido pollo arrostito sul girarrosto dei negozi a ciò specializzati.

A tal proposito mi è tornata in mente questa ricetta che avevo sperimentato con successo oltre 10 anni fa e che vi voglio riproporre, perché, oltre ad essere estremamente economico, consiste di per se in un secondo piatto con contorno.

E poi non dimentichiamo che la carne del fusello, che è la parte terminale della coscia, è forse più saporita rispetto alla carne del petto, che un tempo era dedicata esclusivamente all'unico membro della famiglia costretto a letto dall'influenza magari "suina" e non dei polli, per sua fortuna.

Allora rimboccatevi le maniche e andiamo a cominciare.

Ingredienti: ( per 6 persone) fuselli di pollo 12; pancetta tesa (non coppata) 12 fettine; pangrattato 6 cucchiai; uova 2; grana o parmigiano grattugiato gr 50; patate gr 400; cipolle gr 200; olio d'oliva extra vergine 6 cucchiai; aglio 1/2 spicchio; rosmarino fresco 1 rametto; sale fino. (nel caso non disponiate di rosmarino fresco potrete sostituirlo con due rametti di timo fresco)

Procedimento: lavare le patate, sbucciarle e tagliarle a minuti cubetti, tutti uguali.
Poi pulire le cipolle, tagliarle a fette sottili e metterle, insieme ai cubetti di patate in una padella con l'olio, un buon pizzico di sale e cuocere a fuoco medio per 15 minuti, rimestando un paio di volte, quindi togliere dal fuoco.

In una terrina sbattere le uova, aggiungere il formaggio grattugiato, l'aglio ridotto a crema e le foglioline del ramo di rosmarino tagliuzzate con le forbici. (Esprimeranno così il massimo aroma).

In una pirofila da forno, che poi sarà portata in tavola, stendere sul fondo le patate e le cipolle.

Bagnare ogni fusello nel composto con le uova, poi passarlo in un piatto fondo dove avrete messo il pangrattato, quindi avvolgerlo in una fetta di pancetta e sistemarlo facendo spazio tra le patate. Ripetere l'operazione per ogni fusello e sistemarli tutti simmetricamente, non in maniera disordinata; mettere il pangrattato residuo in un passino e spargerlo sopra i fuselli; anche l'occhio vuole la sua parte !!

Infornare per 45 minuti in forno già caldo a 200° e servirli subito.

FARFALLE AI PEPERONI CON POLPA DI GRANCHIO


E' un primo piatto veloce, dal sapore un poco diverso dal solito, che si prepara in quindici minuti, non di più.
Pur non essendo io un fautore del cibo in scatola, purtroppo per voler utilizzare il granchio tra gli ingredienti, è necessario acquistare quello in scatola tenuto in salamoia.

Quindi se volete sperimentare qualcosa di nuovo, seguitemi e non dovrete lavorare troppo!

Vi avverto però che sto anche disobbedendo ad un mio principio, che è quello di acquistare prodotti a zero chilometri, e la mia scelta è caduta sui peperoni.
Ma quando ho visto la provenienza sull'etichetta ho capito che erano stati prodotti in serra sì, ma a pochi chilometri da Napoli.
Ed allora, avendo tacitato in parte la coscienza, mi sono deciso ad acquistarli.

(Ma lo sapete che alcune piante di peperoni durano anche più di una stagione, cioè non muoiono in autunno, ma continuano a produrre, in serra ovviamente.)

Ingredienti: (per 4 persone) farfalle gr 400; peperone giallo 1; peperone rosso 1; polpa di granchio 1 scatola (circa gr 180); cipolla 1 piccola; aglio 1 spicchio; olio extra vergine d'oliva 6 cucchiai; sale, prezzemolo 1 ciuffo tritato.

Procedimento: lavare i peperoni, eliminare torsolo e semi, tagliarli a minuti quadratini. Metterli con metà dell'olio in una padella, con un pizzico di sale fino ed a fuoco medio friggerli per 5 minuti, rimestando.

In un'altra padellima mettere la cipolla tagliata a velo, lo spicchio d'aglio tritato finemente, l'altra metà dell'olio e fare imbiondire a fuoco dolce.
Nel frattempo aprire la scatola del granchio, mettere il contenuto in un piatto e controllare che non vi siamo pezzetti del carapace o tendini, quindi spezzettare la polpa e far scolare via l'acqua di governo con un passino.
Quando la cipolla e l'aglio si sono imbionditi aggiungervi la polpa del granchio per due minuti, non di più, rimestare, togliere dal fuoco, aggiungere il contenuto alla padella con i peperoni, e tenere in caldo.
Al momento di andare a tavola lessare la pasta, scolarla al dente, metterla nel piatto di portata, condirla con il sugo caldo, rimestare velocemente, spargervi sopra il prezzemolo tritato e servirla subito.

martedì 12 gennaio 2010

CUCINA PER SINGLE: UNA SEMPLICE SPIGOLA (O BRANZINO) O UNA ORATA IN TEGAME


Era un bel po che non trattavo qualche ricetta per "single", ed anzi mi ricordo che un paio di mesi fa, una lettrice mi chiese come cucinare uno di questi pesci, di modeste dimensioni, sui 3/400 grammi, possibilmente senza impegnare il forno.
Nelle pescherie potrete trovare quasi sempre dei branzini (o spigole) o delle orate: sono qualità di pesce particolarmente adatti ad essere allevati, fin dall'epoca degli antichi Romani!

I pesci che consumiamo oggi, ad eccezione dei pesci azzurri, sono per l'80% cresciuti in allevamento. L'allevamento può essere sia in un bacino collegato con il mare, che del tutto sistemato in mare aperto, ma il loro sapore differisce poco, in questo caso.

Diverso è invece il sapore del pesce cresciuto in mare perché ha mangiato ciò che trova in natura, e non il mangime preparato dall'uomo, (a base di farina di pesce e di farine di cereali e vegetali), e poi è un pò meno grasso perché nuota di continuo per procurarsi il cibo.

Per riconoscerlo bisogna acquistare un pesce e poi aprirgli la pancia: se all'interno vi troverete dei pesciolini, granchiolini, alghe, ed altro vorrà dire che è di mare; se invece nello stomaco non troverete quasi nulla vorrà dire che è di allevamento.
Ciò perché la vigente legge impone che i pesci che devono essere tirati su dall'allevamento domani e portati al mercato, oggi non dovranno ricevere del cibo, quindi muoiono a stomaco vuoto.

Ma ora veniamo a noi: come cucinare un pesce per conferirgli un poco di sapore, anche se è di allevamento? Allora seguite le mie brevi istruzioni e poi mi direte.

Ingredienti: (per 1 single) spigola (o branzino) o orata da gr 3/400; vino bianco secco cc 100(1 bicchiere); olio extra vergine d'oliva 2 cucchiai colmi; sale 1 cucchiaino; aglio 1 spicchio piccolo; timo 3 rametti; rosmarino 1 rametto; pepe in grani 4/5; bacche di ginepro 4/5; prezzemolo.

Procedimento: eviscerare il pesce e togliervi le branchie interne. Lavarlo sotto acqua corrente.
Con un affilato coltellino effettuare due tagli sui due lati. Tritare a punta di coltello l'aglio, le foglioline di rosmarino, quelle di timo, il prezzemolo e in un piattino mescolarle con il sale e con un po d'olio. Infilare un poco di questo trito nei quattro tagli laterali e nello stomaco del pesce e sistemarlo in un tegame della sua dimensione. (Che ci vada giusto giusto).

Versare sopra il resto dell'olio, del trito di aromi, intorno spargere i granelli di pepe e le bacche di ginepro, il vino e mettere su fuoco medio, coprendo il tegame. Dopo 10 minuti togliere il coperchio e con un cucchiaio versare sopra il liquido di cottura. Rigirarlo con due palette di legno
per non romperlo, cuocere ancora per 5 minuti con il coperchio, quindi scoperchiare e cuocerlo ancora per un paio di minuti.
Trasferirlo nel piatto con il fondo di cottura e gustarlo. (Evitare di inghiottire i grani di pepe)

lunedì 11 gennaio 2010

FARFALLE ALLA ZUCCA CON RICOTTA SALATA ALL'AROMA DI FUNGHI SECCHI


E' una veloce ricetta che mi è tornata in mente, rivedendo la mia foto con la zucca, e che conto di preparare stasera, in pochi minuti!
Eccovi la ricetta:

Ingredienti: (per 6 persone) zucca gialla gr 600; farfalle gr 500; ricotta salata gr 200; aglio 2 spicchi; funghi porcini secchi 1/2 bustina gr 10; olio extra vergine d'oliva 6 cucchiai; grana o parmigiano grattugiato gr 100; burro gr 30 (una noce) ; sale.

Procedimento: mettere i funghi in una tazza d'acqua calda, per farli rinvenire. In una pentola bassa mettere l'olio, l'aglio sbucciato ed aggiungere la zucca tagliata a sottili fettine (cuocerà prima); cuocere a fuoco medio per 10 minuti rimestando un paio di volte, poi aggiungere i funghi tagliuzzati con le forbici e lo loro acqua, avendo cura di non versare il fondo della tazza che potrebbe contenere della sabbia o del terriccio. Cuocere altri 10 minuti, poi eliminare l'aglio. Lessare in acqua poco salata le farfalle (la ricotta è molto salata ed anche il formaggio), scolarle al dente e versarle nella pentola con la zucca. Aggiungere subito la ricotta, la noce di burro e su fuoco medio cuocere per due minuti. Aggiungere il formaggio grattugiato, rimestare ancora velocemente, versare la pietanza nel piatto di portata e servirla subito.

P.S. Se gradito potete aggiungere qualche pezzetto di peperoncino forte. Con la zucca ci sta bene,
sempre se non ci sono controindicazioni!

NUOVO MOTORE DI RICERCA PER GLI ARGOMENTI DA ME TRATTATI DALLA CREAZIONE DEL BLOG

All'inizio del mese di dicembre e più precisamente il giorno 7 in uno dei commenti trovai una richiesta molto interessante. Un anonimo (Glo)infatti mi scrisse: "perché non formuli un indice con tutte le tue ricette? "Al che io risposi: "Sono tante e le scrivo mano a mano che mi tornano a mente o che ho l'occasione per realizzarle; quindi essendo tante non ho la possibilità di elencarle. E poi l'elenco dovrebbe essere aggiornato di continuo."

La risposta però non era esauriente e non risolveva il problema. Io stesso, dopo aver scritto una ricetta da oltre un anno, sarei diventato matto per sapere se l'avevo di già inserita o meno!

E così mi venne in aiuto il mio figlio, molto esperto di internet, il quale trovò questo "motore di ricerca" chiamato "CERCA NEL BLOG"e lo inserì, proprio in prima pagina, a destra, sopra le INFORMAZIONI PERSONALI. (Vedi foto: quell'oggetto bianco lungo sul quale poggio delicatamente un piede non è un siluro ma una mia bellissima zucca.)

Quindi ora è sufficiente scrivere nel rettangolino bianco l'argomento che voi cercate e subito vengono fuori tutte le ricette nelle quali il particolare ingrediente viene nominato.

IN CONCLUSIONE DI QUESTO LUNGO DISCORSO, QUANDO VENITE A VISITARMI ED AVETE UNA CURIOSITA' , RICHIEDETE L'INFORMAZIONE IN ALTO A DESTRA NELLA PRIMA PAGINA E SUBITO SARETE ACCONTENTATI .
GRAZIE DELL' ATTENZIONE

SERGIO

sabato 9 gennaio 2010

LE LINGUINE CON IL SUGO NERO DI SEPPIA


Oggi è facile trovare in alcuni negozi di alimentari il "nero di seppia" in contenitore di plastica, forse prodotto in Cina o in Giappone. Viene generalmente impiegato nella produzione di pasta o di tagliolini di colore nero, dai laboratori che producono "pasta fresca", tortellini, orecchiette, etc.

Non ho idea se sia di origine naturale o artificiale, io non ve lo consiglio per niente, non ha un vero sapore di mare e poichè siamo in inverno ed in questi mesi sul mercato vi è un'abbondanza di seppie fresche ad un prezzo molto conveniente, vi suggerisco di acquistarne una o due e di seguire attentamente questa ricetta.

Passato il primo momento di "repulsione" a mettere in bocca una forchettata di linguine (o vermicelli) con questo condimento che vi tingerà la bocca di nero, vi accorgerete del suo particolare sapore e sono certo che in seguito ripeterete più volte l'esperienza.

Ingredienti: (per 4 persone) linguine (o vermicelli) gr 500; seppie gr 5/600; cipolla gr 150; olio extra vergine d'oliva 5 cucchiai; vino bianco secco cc 100; pomodoro pelato o a pezzettoni gr 480 (cioé una scatola); doppio concentrato di pomodoro 1 cucchiaino raso (attenti che non sia cinese); sale; formaggio grana o parmigiano grattugiato gr 150.

Procedimento: E' necessario acquistare le seppie dal pescivendolo (o nella pescheria, a secondo delle città) non facendole pulire, cioè non fate togliere la pelle esterna nè le interiora.
Giunti a casa adagiarle in un piatto piano e con le forbici tagliare la sacca lateralmente, sui due lati, senza intaccare la parte interna. Aprire quindi la sacca e subito noterete una piccola vescichetta, del colore argenteo del mercurio.
E' la sacca del colore che la seppia usa come difesa quando si sottrae al nemico.

Chiudendo con due dita l'estremità della sacca (è come un sottile tubicino) per evitare che fuoriesca il nero, distaccarla con delicatezza dalle altre interiora e metterla in un piattino da caffè.
Ora potete tranquillamente eliminare le altre parti interne, il fegato, la bile e lo stomaco, gettandole via. (Non togliere la pelle alla seppia perché conferisce a dare sapore)
Poi togliere l'osso di seppia, (è buono per far pulire il becco degli uccellini, canarini, cardellini, pappagallini, nel caso ve ne fossero in casa.)

Lavare sotto l'acqua la seppia e i suoi tentacoli. Eliminare gli occhi e la bocca (a becco). Mettere la seppia sul tagliere e con le forbici o con un affilato coltello tagliarla tutta a sottili striscioline.

Passiamo alla cottura:
In una pentolina mettere l'olio, la cipolla tagliata a velo, cuocere un paio di minuti a fuoco dolce senza farla bruciare, aggiungere le striscioline di seppia e i tentacoli, un pizzico di sale fino, e farla rosolare rimestando delicatamente. Dopo tre minuti aggiungere il vino e farlo evaporare, poi aggiungere il pomodoro, eliminando con un passino l'acqua di vegetazione, ed in fine il cucchiaino di doppio concentrato, rimestare.
Fare cuocere a fuoco medio per 15 minuti, rimestando un paio di volte.
Al termine aggiungere tutta la vescichetta di nero e cuocere ancora per 5 minuti, quindi togliere dal fuoco.

Quando dovrete andare a tavola, mettere la pentola dell'acqua salata sul fuoco e quando bolle
gettarvi dentro la pasta, scolarla al dente, trasferirla nella zuppiera di portata e condirla con il sugo di seppia ben caldo, (che nel frattempo avrete rimesso sul fuoco per un paio di minuti.)

Non dimenticate di servire a parte nella formaggiera il formaggio grattugiato.
Dopo le prime titubanze e i primi assaggi sarà molto gradito da tutti.
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N.B. Nel caso doveste acquistare delle seppie surgelate, vi accorgerete che la vescichetta di nero sarà cristallizata e del tutto inutilizzabile.

martedì 5 gennaio 2010

LO SFINCIONE

UNA PIZZA CHE SI PUò REALIZZARE IN CASA: LO "SFINCIUNI" DI PALERMO DETTO ANCHE "CUDDURUNI" NELLA SICILIA ORIENTALE

Si tratta, per i non siciliani, di una pizza particolare che ieri l'altro ho realizzato e cotto in casa nel normale forno di cucina.
La ho chiamata "particolare" perché mi richiama alla mente le brevi vacanze che da fanciullo trascorrevo in Sicilia, nel paese dove era nato mio padre, ad Augusta in provincia di Siracusa.

Lì, nei giorni di festa, spesso nelle case di campagna si mangiava questa pizza che veniva infornata nei forni a legna, ma messa a cuocere in forme di latta rettangolari, quindi non poggiate sul suolo infocato. Ricordo che la pizza di solito era alta poco più di un centimetro e veniva tagliata a porzioni quadrate.

In tempi recenti una simile pietanza non attira più il palato dei giovani moderni, ormai obnubilati dagli hamburger, dagli hot-dog, dai tramezzini dei distributori automatici al
tonno+ maionese+pallida fettina di pomodoro, preparati da oltre un mese ma che resistono grazie ai salutari "conservanti" sapientemente infiltrati nelle confezioni ben sigillate.

Purtroppo gli "sfinciuni" o "cudduruni" sono cibo ormai non più di moda, solo i più anziani li ricordano (e si azzardano a mangiarli solo se hanno i denti "buoni") ma per fortuna in Sicilia qualche fornaio ancora li prepara, e quando la pizza vien fuori dal forno, il profumo dell'origano misto all'aroma della cipolla si spande nei vicoli ed attira i turisti, vogliosi di penetrare con i denti in questo poema gastronomico, per immedesimarsi ancora di più in queste bellezze della Magna Grecia alternate allo stupendo e imponente Barocco delle Cattedrali siciliane.

Ma ritorniamo alla mia pizza, che ho preparato sul ricordo delle scampagnate all'ombra dei maestosi e centenari alberi di carrubbo, che è stata poi divorata in famiglia nel volgere di pochi minuti, con il rimpianto che fosse già finita.

Desidero quindi che anche voi possiate partecipare a questo momento di piacere e poi aspetto un vostro commento se ne valeva la pena o meno di perdere circa un'ora di lavoro per ottenere un così stupendo risultato.

Ingredienti: (per 4 persone) farina gr 500; pomodoro pelato o a pezzettoni gr 480; olio extra vergine d'oliva 6 cucchiai; cipolla gr 200; lievito di birra mezzo panetto gr 15/20; formaggio pecorino gr 50 grattugiato; formaggio grana o parmigiano grattugiato gr 100; acciughe salate 6 filetti; origano 1 cucchiaino; sale fino.

Procedimento: In una ciotola stemperare in un mezzo bicchiere d'acqua tiepida il lievito, aggiungere un paio di cucchiai di farina e mescolare insieme, ottenendo un impasto morbido.
Mettere a lievitare per 30 minuti in luogo tiepido.
Vi svelo un mio segreto per ottenere una lievitazione regolare e veloce: accendo il forno per cinque minti a 60°, poi lo spengo. Poi metto dentro la ciotola a fare la prima lievitazione, ed in questo caso anche una seconda lievitazione.
Intanto tagliare a sottili fettine le cipolle e metterle in padella con la metà dell'olio ed un pizzico di sale fino e farle imbiondire a fuoco dolce, quindi tenerle da parte. Tagliare i filetti di acciughe salate a minuscoli pezzetti. (E' bene che al momento della finitura, prima andare in forno, vadano poi ben distribuite ordinatamente. Se vi capita in bocca un grosso pezzo di alice salata, vi rovina il sapore delle altre parti che vi sembreranno poi sciapite.)
Riprendere la pasta che sarà ormai lievitata ed aggiungerla al resto della farina, bagnare con un poco di acqua calda appena salata ed impastare per 10 minuti, poi rimetterla a lievitare una seconda volta, per altri 30 minuti.
Nel frattempo eliminare l'acqua di vegetazione e tagliuzzare i pomodori pelati.
Spennellare con olio lo stampo che andrà in forno (si può utilizzare lo stesso piatto del forno)

Riprendere la pasta ormai lievitata e stenderla sulla stessa piastra oliata, usando con forza le ditta ed il palmo delle mani, per far sì che lo spessore della pizza sia tutto uguale.

Accendere il forno a 200° e iniziare a mettere il condimento sulla pasta. Distribuire uniformemente il pomodoro, poi le cipolle già passate in padella con il loro condimento, poi i piccoli pezzetti di acciughe salate, poi i due formaggi grattugiati e spargere sopra l'origano. Versare a filo il resto dell'olio su tutta la superficie della pizza ed infornare.

Dopo una quindicina di minuti vedrete che la pasta comincia ad imbiondirsi e dopo altri cinque minuti spegnere il forno e tirarla fuori, tagliarla a rettangoli, farla un poco raffreddare e servirla ai presenti che ormai non saranno più capaci di resistere dal non metterla sotto i denti.



CONCHIGLIETTE WITH TROPEA ONION COMPOTE



Another recipe for my American and English readers!

Conchigliette with Tropea Onion Compote


Ingredients

1 Ridged conchigliette (“small shells” about 1/2” long; substitute any similar short pasta that will hold a hearty sauce well)—approx. 17-1/2 oz. (500 g)
2 Red “Tropea” onions*— about 9 medium (2-1/2” diameter) (1000 g)

3 Butter—approx. 7 Tbls. (100 g)
4 Flour—2 Tbls.
5 Beef extract—1 Tbl.
6 Extra-virgin olive oil—6 Tbls.
7 Red wine, full-bodied—just under 7 oz. or about 4/5 cup (200 ml)
8 Bay leaves—2
9 Grana, grated (see Glossary)—1 cup (100 g)
10 Emmental, grated—1 cup (100 g)


Difficulty: Easy Preparation 25’ Cooking 23’


Procedure
A. Wash the onions, slice thinly, and sauté with half the butter and olive oil. Allow to soften,
covered, over a low flame for fifteen minutes, mixing occasionally. Add the red wine, a
teaspoon of salt, and the bay leaves. Cook for an additional ten minutes.
B. Dissolve the beef extract in about two cups of hot water and add to the onion. Using a strainer or sieve, add the flour, mixing rapidly. Cook for another fifteen minutes, then remove from heat, discard the bay leaves, and adjust for salt. Set the onion cream aside to keep warm.
C. Boil the conchigliette in salted water and drain whenthey are al dente. Pour them into a deep serving bowl and dress immediately with the rest of the butter. Addthe onion cream, and mix again while sprinkling with the grated grana and Emmental. Serve immediately.

*Tropea onions, named for the town in the Calabria region that made them famous, are a sweet, medium-sized red onion (used in making onion marmalade, among other things).
They’re unlikely to be found outside of Italy, but any good-tasting, sweet red onion will work.

You can find this recipe and many others in my book :
http://www.ipocpress.com/eng/mostra_libro.php?id=31


sabato 2 gennaio 2010

UN DOLCE SEMPLICE ED ORIGINALE OTTENUTO DAL RIUTILIZZO DEL PEZZO DI PANETTONE RESIDUO DELLE FESTE


Ci troviamo in tempi in cui la parola riciclo è ormai presente dovunque! E quindi perché non riciclare l'ottimo "panettone" soltanto perché l'ultimo pezzo è divenuto secco ed asciutto e nessuno lo vuole più?
Un tempo i nostri "vecchi" avevano insegnato a noi bambini che chi gettava via anche un piccolo tozzo di pane commetteva "peccato mortale"! E' un poco lo stesso detto che si usa dire nelle Filippine: "quando ci si prepara a separare il riso dalla "pula", anche un solo chicco non deve andare perso!"

Quindi salviamo questo ultimo pezzo del dolce che rappresenta il nostro Natale e con una semplice ricetta, in breve tempo e con la modica spesa di due o tre Euro, trasformiamolo in un ottimo dolce che di certo sarà ben accolto da tutti.

Ingredienti: fette residue di panettone gr 500 circa (è un'ipotesi: potrebbero essere gr 400 o 600 e vanno bene lo stesso); latte fresco intero cc 50; uovo 1; panna di latte liquida fresca (senza conservanti) 1 confezione da cc 200; burro una noce per imburrare gli stampi.
Per infornare il dolce: o una decina di cocottine di pirofile da forno cm 10 di diametro, o una teglia da forno cm 25 di diametro, con chiusura del bordo "a cerniera" per agevolare la sformatura.

Procedimento: Tagliare a sottili fettine il panettone, metterle in una ampia terrina e bagnarle con il latte, smembrandole leggermente con una forchetta. In un'altra ciotola mettere l'uovo, sbatterlo con la forchetta per un minuto, quindi aggiungere all'uovo la panna e mescolare lentamente (altrimenti la panna monta e si indurisce).
Adesso unire la panna con l'uovo ai pezzetti di panettone bagnato e mescolare il tutto facendolo amalgamare.
Imburrare gli stampini (o lo stampo unico), versarvi dentro il composto un pò più sotto dell'orlo e mettere in forno a 180° per 20 minuti.
Tirarlo fuori dal forno ed attendere che si sia intiepidito prima di sformarlo.

PASTA & PATATE CON IL PROVOLONE DEL MONACO


Prima di parlare della nostra ricetta è necessario che vi dia dei brevi accenni su cosa sia effettivamente "Il provolone del Monaco." E' un particolare formaggio, prodotto esclusivamente con il latte delle mucche di razza Agerolese che sono allevate sui Monti Lattari, dall'alto dei quali si domina il golfo di Napoli e la penisola sorrentina.
Questo formaggio ha un aroma ed un gusto intenso che gli viene conferito dal latte delle mucche che si sono nutrite di erbe aromatiche quasi per tutto l'anno, che crescono spontaneamente sulle pendici di questi monti dove liberamente gli animali pascolano. La cittadina montuosa dove avviene questa limitata produzione si chiama Airola ed è una frazione della più nota città di Vico Equense.
Secondo il disciplinare DOP -Denominazione di Origine Protetta, ottenuta nell'anno 2007 - il Provolone del Monaco deve essere stagionato in grotte di tufo almeno quattro mesi prima di essere posto in commercio, affinatura che può anche durare due anni, ma che raggiunge la sua eccellenza già a nove mesi dalla produzione. La buccia esterna del provolone di mese in mese tende a scurirsi, fino a prendere il colore delle nocciole mature. (vedi foto)
La normale pezzatura varia da kg 1,5 a 3, salvo rari casi in cui, su particolare richiesta può raggiungere i kg 4 /5.
Sull'origine del nome sono state avanzate diverse ipotesi: Il colore della buccia esterna, secondo alcuni, si richiamava al colore del saio dei Monaci Francescani; secondo altri, che i due provoloni uniti insieme da una breve fune (di origine vegetale), ricordavano le due bisacce che i monaci portavano sulla spalla per riporre i prodotti ricevuti dalla questua; ed un'altra ancora che il casaro che aveva per primo prodotto questo formaggio, aveva dei modi umili e gentili con tutti, caratteristici dei monaci questuanti.
Comunque il nostro DOP è un prodotto di nicchia, di particolare pregio, con un prezzo di vendita abbastanza elevato, (che può variare a secondo della lunghezza dei tempi di affinatura), ma che per le sue particolari caratteristiche riesce a conferire alle pietanze un sapore fuori del comune.
La normale ricetta della "pasta e patate", pietanza di origine povera spesso presente sulle tavole della Campania, con l'aggiunta di un minimo quantitativo di Provolone del Monaco, sia grattugiato che in sottili scaglie, quasi fosse un costoso tartufo bianco o nero, la fa diventare ricca di profumi e di sapori e la fanno elevare a grande specialità.
La limitata produzione di questo formaggio di tipo artigianale, non consente una copertura totale del mercato italiano, quindi il Provolone del Monaco non è facilmente reperibile in tutte le città d'Italia.

Ritorniamo quindi alla nostra pietanza, particolarmente adatta ai giorni freddi cui andiamo incontro, mentre però ho il dovere di confessarvi che ho avuto il piacere di saggiarla un paio di volte in piena estate, da Mimmo, padrone del Ristorante "Lo stuzzichino" di Sant'Agata sui due Golfi, ed è lo stesso squisita, appena tiepida.

Ingredienti: (per 6 persone) patate gr 700; cipolle gr 150; doppio concentrato di pomodoro 1 cucchiaio colmo (fare attenzione che sia di produzione italiana); pasta mista (o conchigliette o tubettini) gr 400; sedano 1 gambo; carota 1; prezzemolo 1 ciuffo tritato; parmigiano o grana grattugiato gr 100; provolone del Monaco gr 250 ; olio extra vergine d'oliva 6 cucchiai; pancetta tesa di maiale gr 100 (affettata finemente); dado da brodo 1 .

Procedimento: tagliare a sottili striscioline la pancetta e metterla in una pentola capace poi di contenere tutta la pietanza completa. Aggiungere la carota a sottili rondelline, il sedano tagliato a pezzetti, la cipolla tagliata a velo e l'olio d'oliva. Fare cuocere a fuoco dolce per alcuni minuti, mentre dopo aver lavato le patate, asciugarle, sbucciarle e tagliarle a piccoli cubetti.
Unirle in pentola e aggiungere il cucchiaio di doppio concentrato di pomodoro, cuocendo per 30 minuti e rimestando un paio di volte.
Preparare un brodo con il dado disciolto in cc 700 di acqua calda. (Nel caso non disponiate di un brodo di carne o vegetale).
Aggiungere alla pentola un terzo del brodo, togliere dal fuoco ed attendere il momento di andare a tavola. (Saranno necessari altri 10/12 minuti per la finitura della pietanza). Noterete che non è stato aggiunto altro sale: i formaggi ne hanno già tanto nella loro composizione!
Al momento stabilito, rimettere sul fuoco la pentola e quando bolle il composto versare dentro la pasta, rimestando. Tenere in caldo il resto del brodo, intanto grattugiare sia il formaggio grana (o parmigiano) che una metà del Provolone del Monaco, ridurre in sottili scaglie la restante metà del provolone, tritare il prezzemolo e tenere il tutto da parte.
Aggiungere il brodo ancora un poco per volta, perché la pasta cuocendo assorbirà il liquido presente in pentola, ma evitare di ottenere alla fine una minestra né troppo brodosa, nè troppo asciutta. Saggiare il grado di cottura della pasta e quando siete giunti vicino alla fine, spegnere il fuoco, aggiungere i formaggi grattugiati, rimestare accuratamente e subito trasferire la pietanza dalla pentola nella zuppiera di portata e sopra spargere sia il provolone del Monaco a scaglie, che il prezzemolo.
Servire usando il cucchione grande dei risotti.

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